Il momento di liberali e riformatori

È arrivato il momento di risvegliare gli ardori sopiti dei liberali e dei riformatori. E ridare loro voce sia per intervenire sulle vicende politiche contingenti, sia e soprattutto, per impedire che il futuro del centro destra italiano venga determinato da chi esprime valori diversi da quelli della cultura liberale e riformista e condannerebbe la cosiddetta “maggioranza silenziosa” del paese ad una nuova ghettizzazione o ad una miserevole marginalizzazione.

Il Pdl non esiste più e Forza Italia non è ancora rinata. Nessuno dubita che nel momento in cui Silvio Berlusconi darà il via alla operazione destinata a sostituire il vecchio Popolo della Libertà con la ripresa del movimento politico delle origini tutti i militanti ed i simpatizzanti dell'attuale centro destra risponderanno con decisione ed entusiasmo all'appello del Fondatore. Ma se si vuole che la rifondazione non si risolva con un semplice cambio di sigla e che la nuova Forza Italia sfugga alla trappola della riedizione del ridotto della Valtellina e riaccenda le energie e la passione della maggioranza degli italiani, è necessario che i liberali ed i riformatori partecipino con decisione al processo di cambiamento.

Non per cercare posti , prebende e privilegi che al momento non neppure ci sono. Ma per dare alla nuova forza politica che si propone di tornare a rappresentare la maggioranza degli italiani decisa a cambiare il paese in nome dei valori di libertà, l'unica identità che può raccogliere i consensi necessari per battere il declino imposto dal regime dei professionisti delle burocrazie e dell'assistenzialismo.

In passato la questione dell'identità dell'area del centro destra è stata rimossa e non affrontata. Sia perché rischiava di alimentare la conflittualità già intensa tra le componenti di diversa origine della grande area dei moderati. Sia perché sembrava in contrasto con la natura leaderistica di un soggetto politico tenuto insieme solo ed esclusivamente dal carisma indiscusso del proprio fondatore.

Ma abbiamo visto i risultati prodotti dalla formula del 30 e 70 inventata da chi voleva a parole difendere l'identità della destra post-fascista e ne ha provocato la diaspora. E dopo il fallimento di quella fusione fredda appare ormai evidente come la natura leaderistica del partito non possa minimamente essere intaccata dalla definizione di una identità forte del partito stesso. Identità, peraltro, perfettamente impersonificata da chi per vent'anni ha rappresentato la maggioranza silenziosa degli italiani e per questo motivo è stato e continua ad essere oggetto di una persecuzione politico-giudiziaria tipica dei regimi di stampo post-comunista.

Per i liberali ed i riformatori del centro destra, ma anche per quelli di altre aree politiche consapevoli che il futuro del paese non passa attraverso la conservazione del regime burocratico assistenziale dei post cattocomunisti, è dunque arrivato il momento di scendere in campo per far sentire la propria voce e far contare le proprie idee. Se si dovesse andare a votare in autunno bisognerà essere della partita. A maggior ragione se il voto sarà in primavera e ci sarà più tempo per definire e modulare la partecipazione.
Con Berlusconi, che con la condanna è l'esempio del rischio che corrono tutti quegli italiani che non si piegano al regime dei responsabili della crisi!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:48