L'intervista rilasciata dal giudice Antonio Esposito al Mattino, e l'audio che ha letteralmente e totalmente sbugiardato la sua doppia smentita, sono di una gravità inaudita. 1) Il giudice della Cassazione, presidente della Corte che ha condannato in via definitiva Berlusconi, ha mentito per due volte, nelle due smentite in cui ha negato di aver pronunciato le frasi che poi tutti abbiamo potuto ascoltare nell'audio pubblicato dal quotidiano, e probabilmente ha mentito anche al suo capo, il primo presidente della Cassazione Santacroce, rispondendo alle sue richieste di chiarimento. 2) Nella registrazione audio Esposito sembra fare riferimento proprio alle motivazioni della sentenza di condanna inflitta a Berlusconi: «Noi non andremo a dire “chillo non poteva non sapere”, noi potremmo dire nella motivazione, eventualmente, “tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva”... Nunnè che tu nun putev nun sape' pecché eri u cap, pecché pur u capo potrebbe non sapere.
Tu non potevi non sapere perché Tizio, Caio e Sempronio hanno ditto che te l'hanno riferito, allora è nu poco diverse». 3) Il giudice Esposito cade in contraddizione comunque, sia che si riferisse a Berlusconi sia che parlasse in generale. Se infatti si riferiva alla sentenza Mediaset, è evidente che non ha letto gli atti del processo, dal momento che nessun testimone, nessun “Tizio, Caio e Sempronio” ha mai detto di aver portato a conoscenza di Berlusconi l'elusione fiscale. Anzi, “Tizio, Caio e Sempronio” hanno sempre smentito di averlo informato. Se, invece, parlava in generale, allora la sentenza da lui pronunciata va contro il principio di diritto enunciato nell'intervista, nella quale conferma più volte che non si può condannare qualcuno sull'argomento solo logico, e non giuridico, del “non poteva non sapere”, mentre la sentenza che la Cassazione era chiamata a valutare in diritto, senza entrare nel merito, si basava proprio sul “non poteva non sapere”, non sul “sapeva”. Nelle sue smentite Esposito denuncia la «manipolazione» dell'intervista, ma qui l'unica manipolazione compiuta dal giornalista del Mattino è la traduzione in italiano delle parole del supremo giudice. In linea teorica, di principio, se un giudice si lascia scappare che l'imputato è stato condannato senza prove – è questo, in pratica, che emerge dall'audio di Esposito – dovrebbe essere possibile revocare anche una sentenza di Cassazione.
Ma anche ammesso che l'intervista e l'audio di Esposito non siano elementi sufficienti ad inficiare la sentenza, sono evidentissimi gli estremi per un'azione disciplinare nei suoi confronti. Eppure, mentre scriviamo, a quasi 24 ore dalla pubblicazione dell'audio dell'intervista, che sbugiarda totalmente il giudice, non abbiamo notizie in tal senso, né da parte del Ministero della Giustizia né da parte del Csm. Si badi che l'iniziativa avviata dai consiglieri “laici” del Csm Zanon, Palumbo e Romano, e trasmessa alla I Commissione, è una “pratica a tutela”, ben diversa da un procedimento disciplinare ai sensi del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109. Altro che riforma della giustizia, che qualcuno ingenuamente o ipocritamente evoca come possibile, ora che con la condanna sarebbe caduto l'alibi del favore a Berlusconi. La Cancellieri come ministro della Giustizia e il presidente Napolitano in qualità anche di presidente del Csm potrebbero – quindi dovrebbero – pretendere l'avvio di un'azione disciplinare nei confronti del giudice Esposito. Eppure, né l'una né l'altro sembrano avere la forza nemmeno per chiederla su un caso così conclamato. Figuriamoci una riforma della giustizia! L'amara realtà è che i magistrati nel nostro paese fanno parte dell'unica casta davvero intoccabile, mentre in un paese normale, civile, un Esposito sarebbe stato espulso dalla magistratura e privato della pensione.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:50