Il paese di Pulcinella di fronte a un bivio

Come era inevitabile che accadesse in un momento di grave crisi economica e finanziaria, la società nel suo complesso invoca ulteriore protezione da parte del sistema politico. A prescindere dalla folta componente di collettivisti di professione che fanno capo alla Cgil ed alla sinistra radicale, in cui si sognano mirabolanti piani quinquennali di sovietica memoria, persino tra le forze imprenditoriali di mercato viene richiesto l'intervento salvifico della politica. Quasi che quest'ultima possedesse la pietra filosofale per trasformare il piombo della recessione nell'oro scintillante di una ripresa vigorosa. Ma così, ahinoi, non è. La politica che conosciamo, ed all'orizzonte non se ne vede una diversa, può fare sostanzialmente una cosa: redistribuire la ricchezza in cambio di consenso.

E lo fa ovviamente attraverso il prelievo fiscale e, quando i soldi non bastano, attingendo a piene mani ai prestiti. Ebbene il combinato disposto di questi due micidiali elementi ha condotto il Paese sull'orlo del baratro, con una fiscalità sempre più feroce ed un indebitamento complessivo -il quale supera ampiamente quello ufficiale- mostruoso. Tanto è vero che persino i più incalliti statalisti della nostra democrazia di Pulcinella di sembrano aver capito -anche se per ragioni di bottega continuano a vaneggiare intorno ad ulteriori, quanto improbabili interventi pubblici- che senza un alleggerimento dell'enorme spesa corrente e, conseguentemente, dell'insostenibile carico tributario allargato non si va da nessuna parte. Senz'altro lo hanno compreso da tempo i Paesi dell'Europa del Nord, Germania in testa e Svezia compresa. Quest'ultima, in particolare, continua a rappresentare un falso paradigma per i tanti italioti innamorati dei pasti gratis, in quanto in circa dieci anni i suoi governi sono riusciti a tagliare la medesima spesa pubblica di ben 18 punti, determinando i presupposti di una crescita economica impetuosa (nel 2010 il Paese scandinavo ha registrato un incremento del Pil di circa 5 punti).

Ciò è accaduto nella chiara consapevolezza che un eccesso di protezione e di redistribuzione tende inesorabilmente ad inceppare la macchina economica, ossia il motore primario dello sviluppo e del benessere collettivo. Pertanto, il riequilibrio del rapporto tra intervento pubblico ed economia privata costituisce l'unico vero antidoto alla crisi in atto. Una crisi sistemica dalla quale possiamo uscire solo facendo compiere allo Stato quei tanto auspicati due passi indietro, tornando a puntare sul senso di responsabilità individuale. Il resto sono solo chiacchiere e paccottiglia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:49