
Così lacerato, così stabile. È il paradosso italiano ancora una volta ribadito e confermato dalla sentenza della Cassazione su Silvio Berlusconi. Una sentenza che non colma la distanza tra quella parte di italiani che odia visceralmente il Caimano e che lo vorrebbe vedere appeso per i piedi in una qualsiasi piazza piena di folla osannante per la nuova macelleria messicana e l'altra parte che lo considera comunque innocente e vittima di una persecuzione politica attuata con i sistemi giudiziari più raffinati e perversi. Anzi, una sentenza che allarga il fossato tra queste due pezzi minoritari ma consistenti del paese. Perché dietro la personalizzazione dell'odio o dell'amore nei confronti del personaggio si nasconde la distinzione più profonda, più radicale e meno conciliabile tra le due Italie della infinita guerra civile che è iniziata agli albori del secolo breve e che si trascina, con forme e sotto sigle diverse, anche in questa prima fase del terzo millennio.
Cosa impedisce a queste due minoranze che si considerano antropologicamente, culturalmente, politicamente e magari anche fisicamente opposte ed alternative di non scannarsi nelle strade passando dalla guerra civile fredda a quella bollente già vissuta in altri momenti della storia patria? Forse la paura del sangue o la comune convinzione maturata in settant'anni di Repubblica democratica che il confronto e lo scontro debbono essere comunque mantenuti entro i confini della legalità e non debbono e non possono scivolare nella violenza? Niente affatto. Ciò che impedisce alle due minoranze di rituffarsi in una nuova resa dei conti è la stabilità imposta dalla grande area grigia formata da quella maggioranza della popolazione italiana che a dispetto delle divisioni, delle lacerazioni, dell'odio reciproco delle minoranze pretende ed impone stabilità.
Può la sentenza della Cassazione far saltare la volontà della maggioranza del paese di non imboccare la china che porta direttamente alla ripresa della vecchia guerra civile rivenduta e corretta nella forma berlusconiani-antiberlusconiani? In realtà la decisione dei giudici e le reazioni delle minoranze in preda ad estremismo paranoide sembrano fatte apposta per consolidare la richiesta, l'esigenza, la pretesa di stabilità ad ogni costo. Ma sembra fatta apposta anche per far scattare l'esigenza delle forze politiche più attente ad intercettare ed a mettersi alla guida del sentimento più diffuso presente nella società italiana. Su questa strada ancora una volta Silvio Berlusconi ha dimostrato di essere il politico con maggiore fiuto e con superiore capacità di mettersi in sintonia con gli umori più profondi della parte più ampia della società italiana. Da questo punto di vista la sentenza avrà sicuramente un effetto epocale.
Nel senso che spingerà fatalmente il Cavaliere a seguire più risolutamente il proprio istinto garantendo alla maggioranza degli italiani non accecati dall'odio quella stabilità che è irrisa dagli irresponsabili ma che è imposta dalla drammaticità della grande crisi. Il centro destra non potrà non seguire la linea del sostegno alla stabilità imposta dal proprio leader. Ed anche una fetta consistente del centro sinistra non potrà che puntare sulla stabilità piuttosto che rincorrere l'avventura richiesta dall'estremismo più infantile. Questo, nel bel mezzo del dibattito precongressuale del Pd, potrebbe provocare forti ripercussioni nella sinistra. Addirittura l'ennesima scissione. Che però, come già avvenne in passato con Saragat e con Nenni, separerebbe una volta per tutte gli estremisti dai responsabili dando al paese quella stabilità che cerca con tanta insistenza e determinazione.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:52