
Questi signori sono ipocriti dentro: ce ne scuseranno, ma l’affermazione deriva solo ed esclusivamente da dati di fatto. Provate a chiedere loro qualcosa sull’Imu da esigere per le loro sedi, sul rapporto di rappresentatività tra lavoratori ancora in attività e pensionati, sul trattamento economico e pensionistico dei loro rappresentati. Ecco, di fronte a queste questioni (ma tante altre ce ne sarebbero) loro “fischiettano”, guardano le nuvole e poi cambiano discorso. Esce fuori un sottosegretario in carica che afferma – del resto anche spiegandola – una cosa risaputa, quindi ovvia, del tipo «esiste un’evasione fiscale di sopravvivenza»; loro sono capaci di sparare contro il rappresentante del governo un fuoco incrociato pur di non ammettere – dalla loro ormai stantìa rocca disadorna – che Fassina (naturalmente è di lui che stiamo parlando) ha ragione e la sua dichiarazione altro non è che una mera constatazione di fatti innegabili ed evidentemente non inconfutabili solo per chi ha probabilmente esaurito ogni residua possibilità di presentarsi nel ruolo di interlocutore credibile.
Anche perché lo stesso Fassina ha anche pubblicamente spiegato che «senza voler strizzare l’occhio a nessuno, senza ambiguità nel contrastare l’evasione ci sono ragioni profonde e strutturali che spingono molti soggetti a comportamenti di cui farebbero volentieri a meno». Se, ci permettiamo di aggiungere, tutti pagassero le giuste imposizioni fiscali (tutti ma proprio tutti, dottoressa Camusso, anche la Cgil…), probabilmente non verrebbe più ad esistere l’evasore “di sopravvivenza”, mentre l’evasore che vuol solo guadagnare per sé è un’altra cosa. E Fassina (mai avrei pensato un giorno di essere per un momento dalla parte dell’attuale sottosegretario) non pensava di certo a quest’ultima fattispecie di truffatore del fisco: si è invece limitato (e non è la prima volta che lo fa) a constatare, appunto, una mera realtà dei fatti. Altri, invece, dovrebbero decidersi una volta per tutte a rinunciare ai propri privilegi (fiscali e non solo) e, senza finzioni, urlare al mondo intero la fatidica frase: “Queste sono le nostre rinunce a favore della ripresa economica del Paese”. Signora Camusso, noi siamo qui, in fiduciosa attesa.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:49