Il buio oltre la rottamazione

Ascoltando la recente apparizione televisiva di Matteo Renzi, nel corso di un talk condotto da Mentana, ho trovato una formidabile conferma circa la caratura politica dell'attuale sindaco di Firenze. Trattasi mio avviso di una ottima "macchina" per raccogliere consenso, ma sul piano della concretezza programmatica l'è tutto da vedere, se non tutto da rifare -come soleva dire un suo celebre corregionale-.

In sostanza, questo giovane e rampante personaggio pubblico, a cui come a tutti i politici piace vincere facile, gioca tutto il suo appeal su due evidenti fattori: il nuovismo e la rottamazione. E su questo piano, avendo raggiunto una sufficiente popolarità e credibilità a livello nazionale, la sua condizione di novello outsider, soprattutto all'interno di un partito di parrucconi come il Pd, lo pone di una notevole posizione di forza, dato il grande e crescente discredito che grava sulla cosiddetta vecchia classe politica. Unito a ciò, Renzi mostra una ottima parlantina e quella tipica sicumera di chi vuol far sembrare al popolo di saperla molto lunga, come si suol dire. Tutto questo ne fa un candidato quasi imbattibile, soprattutto in un così critico momento storico per il Paese.

Tuttavia, dall'ottenere parecchio consenso a colpi di belle frasi, avendo anche l'abilità di fare il pesce in barile sui temi più spinosi, al riuscire in futuro a dare concrete risposte al declino dell'Italia mi sembra che ci passi un mare. Ed è proprio su quest'ultimo profilo che appare piuttosto inconsistente la visione politica dello stesso Renzi. In particolare, quell'uso disinvolto del suo vasto ricettario da grande taumaturgo, dando l'idea di possedere la bacchetta magica per ogni problema del vivere, può certamente convincere molte persone in buona fede, ma non certamente chi comprende la profonda natura sistemica dei nostri molteplici guai.

E francamente pensare che un giovanottone di belle speranze possa, sull'onda di una sfilza di colpi di genio, trasformare radicalmente un Paese traballante, affetto da un eccesso di spesa pubblica, di tassazione e di burocrazia, fa piuttosto ridere. Non vorremmo che, dopo aver eventualmente raggiunto la stanza dei bottoni, il buon Matteo Renzi si trovi nella stessa situazione del protagonista di una sottovalutata pellicola del 1972, "Il Candidato", con un superbo Robert Redford nel ruolo di protagonista. Vinte le elezioni per una poltrona al senato, quest'ultimo si trova faccia a faccia con il suo braccio destro per la comunicazione e, preso da sconforto, gli domanda: «...e adesso cosa facciamo?». Il rischio concreto è che nella realtà ci si ritrovi a rivivere un analogo film, in mancanza di un concreto e fattibile progetto per il Paese.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:49