L’Ataturk Napolitano e il congresso del Pd

Il problema non è Giorgio Napolitano che si comporta come l’esercito di Ataturk o i generali egiziani. Il problema è la situazione politica che costringe il Presidente della Repubblica ad intervenire in continuazione come se invece della Costituzione del 1948 l’Italia avesse come legge fondamentale dello stato quella del modernizzatore laico della Turchia o quella in vigore a Il Cairo. Ed il problema dato dall’instabilità endemica della politica nazionale è talmente grave che l’interrogativo più angosciante da porsi non è più se l’interventismo del Quirinale ha di fatto modificato in maniera irreversibile la Costituzione formale ma quale disastro potrà mai avvenire il giorno in cui Giorgio Napolitano decidesse o non fosse più in grado di svolgere la sua funzione anomala.

 Il paese, in sostanza, come ha dimostrato il caso Alfano, rischia di finire nel caos da un momento all’altro e per imprevisti di qualsiasi portata, anche minima. Il Capo dello Stato cerca di impedire che il governo privo di alternative vada in crisi facendo sprofondare in un baratro senza fine la società nazionale. Ma la sua azione, anomala ed al tempo stesso encomiabile, non può durare all’infinito. Per una serie di ragioni fin troppo comprensibili. Di qui la necessità sempre più inderogabile di rendere più stabile il quadro politico al di fuori dell’intervento di Napolitano o di creare le condizioni di un atterraggio morbido nel caso il governo dovesse precipitare e si dovesse aprire una crisi destinata a sfociare elezioni anticipate. Come dare , però, stabilità alla politica nazionale a prescindere dall’azione salvifica dell’Ataturk nostrano ? Le risposte sono due. La prima prevede una riforma della legge elettorale che elimini l’assurdità di un premio di maggioranza sproporzionato all’effettivo rapporto di forze tra i partiti e l’avvio della riforma presidenziale.

La seconda impone una pressione immediata sul Pd affinché il congresso che attualmente viene celebrato in maniera surrettizia sulla pelle del paese si tenga all’interno del partito e nel minor tempo possibile. L’Ataturk Napolitano sa bene che l’instabilità politica dipende quasi esclusivamente dalle divisioni interne del Pd ed ha nei confronti del partito di provenienza l’autorità necessaria per richiedere ad Epifani e compagni un atto di responsabilità simile a quello compiuto dal Pdl con la decisione di separare la sorte del governo da quella delle vicende giudiziarie di Berlusconi. Può essere che un eventuale intervento di Napolitano possa accelerare la spaccatura in atto nel Pd tra riformisti ed avventuristi. Ma non è meglio che si spacchi il Pd piuttosto che il paese?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:52