L’egemonia culturale e la crisi della cultura

Nei giorni scorsi il nuovo Ministro dei Beni Culturali ha denunciato le condizioni disastrose in cui versa il suo Ministero e, di conseguenza, il bacino culturale più importante del pianeta rappresentato dal nostro territorio nazionale. Di fronte ai dati disastrosi forniti da Massimo Bray, il Presidente del Consiglio Enrico Letta ha preannunciato una maggiore attenzione, in termini di investimenti, per quel settore della cultura che per le sue caratteristiche e la sua incredibile ricchezza potrebbe rappresentare un grande fattore di ripresa e di sviluppo. L’annuncio di Letta, sempre che presupponga una effettiva inversione di tendenza, è sicuramente positivo.

Ma, per diventare concreto ed essere efficace , dovrebbe essere preceduto da una riflessione sul bizzarro paradosso che grava sul settore che rappresenta, insieme all’ambiente, il principale elemento d’identità del nostro paese. I paradosso in questione può essere sintetizzato in un semplice interrogativo: come può essere mai avvenuto che la cultura sia diventata una cenerentola pur rappresentando un gigantesco patrimonio dell’umanità ed essendo stata perennemente gestita nel segno e sotto la cappa di quella egemonia culturale della sinistra che in Italia ha trovato nascita e ferrea applicazione per lunghissimi decenni? Nessuno oggi si chiede perché mai il cinema, che dal neorealismo ad oggi è sempre stato dominato dall’egemonia culturale della sinistra, versi in tragica crisi. Lo stesso vale per il teatro, per la letteratura e l’editoria in genere. E, naturalmente, per i Beni Culturali retti da una struttura di Sovrintendenze formata per la stragrande maggioranza da funzionari rigidamente allineati alla cultura dominante. Per quale singolare paradosso, allora, chi ha sempre considerato la cultura un valore prioritario al punto da trasformare la propria in egemone su ogni altra forma di cultura esistente nel paese deve oggi registrare che la cultura ed I beni Culturali italiani versano in una condizione di totale rovina? La spiegazione, assolutamente semplice, è che il valore prioritario non era la cultura ma l’egemonia della cultura stessa.

Cioè che per decenni il settore non è stato considerato e trattato come un fattore di identità in grado di essere una delle principali risorse italiane ma solo come un territorio di conquista da utilizzare come ammortizzatore sociale per le proprie clientele debitamente acculturate nel segno dell’ideologia dominante. A fallire, allora, non è la cultura, che ancora oggi e malgrado anni ed anni di devastante occupazione clientelare, costituisce una enorme ricchezza non sfruttata, ma è l’uso che ne è stato fatto in nome di una egemonia indirizzata solo all’occupazione burocratica del settore. Se Letta vuole dunque raccogliere il grido d’allarme lanciato dal Ministro Bray non deve far altro che prendere atto del fallimento della cultura egemone procedendo allo smantellamento delle strutture clientelari ed assistenziali da essa realizzate. Il rischio , altrimenti, è che i nuovi stanziamenti servano solo a garantire le vecchie clientele !

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:52