Tagliare la spesa pubblica per crescere

Ad essere sinceri, il decreto del governo Letta che stanzia 1,5 miliardi per rilanciare l’occupazione somiglia tanto a quei ben noti pannicelli caldi della nostra politica. L’impressione è che si cerchi di usare l’aspirina, con qualche intervento mirato, per cercare di curare il colossale cancro che affligge il sistema. Cancro che, come mi trovo a ripetere fino alla nausea, rappresenta il male terminale di un crescente eccesso di spesa pubblica e di conseguente tassazione. Tanto è vero che proprio su questo piano Antonio Polito, certamente non un estremista libertario, nel corso dell’ultima puntata di Ballarò ha detto che se nemmeno un governo di larghe intese sembra in grado di adottare misure dolorose sul fronte dei tagli, allora non si capisce chi mai potrebbe farlo.

D’altro canto con un rapporto, anch’esso in preoccupante crescita, tra uscite pubbliche e Pil che ha superato il 55% - complice anche la lunga recessione in atto - nessuna misura chirurgica, per quanto intelligente possa risultare, sarebbe in grado di stimolare la ripresa economica e l’occupazione. Occorre riportare detto rapporto ampiamente sotto una soglia accettabile se vogliamo che ripartano in modo spontaneo i consumi e gli investimenti. Se, al contrario, continua a prevalere anche nel governo Letta la ricetta keynesiana di sostenere la domanda attraverso ulteriori partite di giro pubbliche, ottenute con ulteriori tassazioni più o meno occulte, il Paese reale continuerà a sprofondare in una crisi sistemica inesorabile.

Allo stesso modo, almeno finché non si decida una catastrofica uscita dall’euro, qualunque forma di alleggerimento dell’attuale, feroce pressione fiscale in deficit verrebbe pagata duramente sul fronte dei mercati finanziari, con il rischio di finire in bancarotta in breve tempo a causa dell’esplosione dei tassi d'interesse sui nostri titoli del Tesoro. Pertanto, non sembra che vi siano alternative ad un deciso quanto impopolare abbattimento della spesa pubblica e della tassazione. Solo in questo modo una parte dell’enorme liquidità drenata da uno Stato ipertrofico e inefficiente, restando nel circuito dell’economia reale, consentirebbe al sistema privato di riprendere spontaneamente a crescere. Ovviamente mi riferisco a tagli di spesa sostanziosi, da realizzarsi nei capitoli più importanti del settore pubblico. Niente a che vedere con la sinistra pagliacciata sugli F-35, trattandosi a regime di risparmi a dir poco ridicoli.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:38