Referendum per le libertà non folklore

Ciò che non può fare un partito impegnato in un governo di larghe intese, può fare un movimento di scopo che non ha alcuna responsabilità diretta nell'esecutivo e può portare avanti tutti le battaglie politiche che vuole. Il Pdl non può porre al centro dell'azione di governo il nodo della giustizia sollevato con il massimo clamore dalla sentenza di Milano tesa a liquidare per via giudiziaria dalla scena politica il leader riconosciuto ed incontrastato del centro destra? Se lo facesse Rosi Bindi si straccerebbe le vesti, mezzo Partito Democratico scenderebbe in piazza, Enrico Letta sarebbe costretto a meditare se dimettersi o meno ed il Capo dello Stato tornerebbe a minacciare di lasciare anzitempo il Quirinale per non sciogliere le Camere e mettere i partiti di fronte alle loro responsabilità? Se tutto questo è vero e se in nome della regola della “riduzione del danno” il centro destra non può rilanciare la questione dell'uso politico della giustizia per non favorire la nascita di un nuovo governo più spostato a sinistra e più animato da furore giustizialista, l'unica strada percorribile è quella di sposare i referendum sulla giustizia lanciati dai radicali e di sostenere un movimento per le garanzie dei cittadini e la difesa dello stato di diritto che si affianchi e rafforzi l'iniziativa lanciata da Marco Pannella.

Nessuno s'illude che l'arma del referendum possa risultare decisiva e creare finalmente le condizioni per attuare misure che vanno dalla separazione delle carriere alla responsabilità civile dei magistrati. L'esperienza amara del passato insegna che anche quando i referendum hanno avuto esito positivo , i Parlamenti dominati dalle lobby e dalla caste hanno avuto sempre la meglio sulle richieste votate dalla maggioranza degli italiani. Ma il problema non è solo quello del risultato. Il problema, in questo momento, è soprattutto dato dalla necessità di riaccendere nella società italiana la scintilla della rivolta contro la cultura che persegue la sopraffazione dei diritti individuali dei cittadini sotto la maschera della legalità formale e della voluta confusione tra legge e morale. La vicenda clamorosa delle sentenze ad personam contro Berlusconi e la minaccia delle iniziative giudiziarie contro chiunque osi schierarsi dalla sua parte ( l'incriminazione del testimoni a favore nel processo Ruby è un segnale fin troppo chiaro in questo senso) rappresentano solo la spia di un fenomeno molto più ampio.

Che non riguarda solo il Cavaliere e la sua cerchia di amici ed amiche ma che si estende all'intera società italiana o, almeno, a quella parte maggioritaria che non gode della protezione delle lobby mediatico-giudiziarie che difendono i propri privilegi conculcando i diritti individuali dei cittadini. I referendum, dunque, diventano uno strumento di ribellione contro l'oppressione culturale, politica, giudiziaria. Uno strumento che ha sicuramente dei limiti ma che ha almeno il merito di fornire una risposta politica e di popolo alle prevaricazioni di una casta sempre più arrogante e prepotente. Referendum, dunque, sulla giustizia e per le libertà individuali. Sempre meglio che il nulla o, peggio, le caricature del nulla di Piazza Farnese!

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:12