
Se non si vuole che l'Italia diventi l'Ucraina del Mediterraneo con Silvio Berlusconi equivalente di Iulia Timosenko non c'è altra strada che quella dell'amnistia. Che non sarebbe una amnistia ad personam, ma risulterebbe piuttosto essere la sola possibilità concreta di realizzare un processo di pacificazione effettivo nella società italiana. Dunque, una amnistia ad paesem. Serve un atto di clemenza generalizzato motivato dalla necessità di impedire che il leader del principale partito dello schieramento di centro destra venga eliminato per via giudiziaria dalla scena politica nazionale come se l'Italia fosse piombata ai livelli dei processi stalinisti degli anni '30? La risposta è positiva per due ordini di motivi.
Il primo è che Ruby sarà pure stata minorenne e non nipote di Mubarak ma quando si dovrà tirare le somme della storia del secondo dopoguerra italiano non si potrà non rilevare che un Capo dello Stato come Giovanni Leone è stato infangato ingiustamente al punto da costringerlo alle dimissioni da innocente, che il leader del partito alternativo al Pci come Aldo Moro è stato assassinato dalle Brigate Rosse, che l'unico segretario del Psi deciso a conquistare l'egemonia della sinistra a scapito dei comunisti è stato costretto a fuggire ed a morire da esule in Tunisia, che una intera classe politica di estrazione democratica e non marxista è stata smantellata non con il voto ma con gli avvisi di garanzia e che il solo personaggio politico in grado di battere gli eredi del Pci per due volte nel giro di vent'anni, cioè Silvio Berlusconi, rischia di fare la fine della Timosenko. Come verrà considerata questa lunga fase se non come una sorta di guerra civile in parte calda ed in parte fredda combattuta senza un attimo di tregua da una precisa area politica contro gli avversari di turno ? Certo, gli storici giustizialisti non mancheranno neppure in futuro.
Ma quando si tratterà di sintetizzare la fase di passaggio in Italia dalla fine del '900 all'inizio del terzo millennio il dato politico principale sarà quello della lotta condotta dalla sinistra dei compagni che non sbagliano e da quelli che sbagliano con tutti i mezzi possibili ed immaginabili. Da quelli illegali a quelli legali trasformati in arma antidemocratica. Porre fine a questa guerra civile non è, allora, salvare la persona fisica di Berlusconi ma risolvere una volta per tutte un vulnus che la democrazia italiana si porta dietro da decenni e decenni e che ha lacerato e continua a devastare la società nazionale. Si può insistere con questo vulnus e con la spaccatura verticale del paese nel momento in cui una crisi economica più grave di quella del '29 rischia di provocare un arretramento epocale delle condizioni di vita degli italiani? Non è invece indispensabile fronteggiare un fenomeno così devastante con la massima unità e solidarietà per bloccare non il semplice declino ma una più drammatica e realistica rovina della penisola e dei suoi abitanti? Le domande sono retoriche. Perché le risposte sono assolutamente scontate.
L'amnista , in sostanza, non solo è indispensabile per pacificare gli italiani ma è assolutamente urgente per rendere concreto qualsiasi appello all'unità ed alla solidarietà contro la crisi. Chi pensa di continuare a lucrare sulla guerra civile, calda o fredda che sia, sbaglia tragicamente. E chi sbaglia presto o tardi paga. Uscendo dalla storia.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:52