La Consulta e la questione istituzionale

Non è la “questione giustizia” ad essere stata trasformata dalla Consulta, con la decisione sul ricorso per legittimo impedimento di Silvio Berlusconi, in problema prioritario per il governo di Enrico Letta. È vero che la sentenza della Corte Costituzionale riaccende la polemica sull'accanimento giudiziario nei confronti del leader del Pdl e sembra spezzare quella “pax giudiziaria” che sembrava essere diventato uno dei principali puntelli dell'esecutivo delle larghe intese. Ma è molto più vero che affrontare il problema sollevato dai giudici costituzionali nella solita ottica del conflitto personale tra magistratura e Cavaliere e delle possibili conseguenze politiche di tale conflitto risulta essere assolutamente riduttivo. La Consulta, infatti, sia pure in maniera del tutto inconsapevole, ha sollevato una questione molto più ampia nello stabilire che la «leale collaborazione» tra i poteri dello stato esecutivo e giudiziario si realizza con la sostanziale subalternità del primo nei confronti del secondo.

Ha posto con grande clamore al centro dell'agenda del governo Letta la questione istituzionale. E l'ha trasformata alla luce delle esperienze degli ultimi vent'anni (quelle che portarono alla caduta del primo governo Berlusconi e del secondo Prodi) una emergenza prioritaria al pari di quelle economiche, fiscali e sociali che richiedono l'intervento immediato e salvifico della coalizione guidata da Enrico Letta. Il problema, infatti, non è più la sorte di Berlusconi come persona fisica e come leader politico. Il problema è come possa reggere un paese in cui l'equilibrio dei poteri, che è alla base dello stato di diritto voluto dalla Costituzione, viene trasformato da una Corte Costituzionale caduta in una chiara sindrome vetero-antiberlusconiana in palese e stabile squilibrio dei poteri.

È possibile uscire dalla crisi con il rischio costante e fin troppo concreto che squilibrio tra i poteri a vantaggio del giudiziario sull'esecutivo e sul legislativo possa mandare all'aria l'azione di un governo nato con il compito specifico di risolvere le emergenze del paese? In questa luce la questione istituzionale diventa di fatto l'emergenza delle emergenze. Perché se salta il governo di larghe intese per mano di un qualsiasi magistrato investito dalla Consulta di un potere superiore rispetto a quello degli altri organi dello stato, la strada del risanamento viene automaticamente interrotta. Con l'immediata apertura di una crisi che solo degli irresponsabili pensano possa essere risolta secondo lo schema della sinistra allargata agli eventuali emuli di Scilipoti provenienti dallo schieramento grillino.

Se questo è il risultato della decisione della Corte Costituzionale, è facile concludere che d'ora in avanti il compito della delegazione del Pdl al governo e di chiunque abbia la consapevolezza del rischio caos che grava sul paese diventa automaticamente la soluzione della questione istituzionale. Con una riforma capace di ricostruire una volta per tutte l'equilibrio alterato dello stato di diritto e di impedire in nome di una autonomia ed una indipendenza diventate arbitrio incontrollato ed incontrollabile ogni singolo magistrato abbia la possibilità di far saltare la stabilità politica indispensabile per il risanamento del paese. Paradossalmente, quindi, si può rilevare che senza neppure pensarci la Consulta abbia reso evidente la necessità e l'urgenza assolute del semipresidenzialismo.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:19