
Tra dieci giorni parte «la più grande consultazione sul web mai fatta in Europa» sui temi della riforma costituzionale all'esame della Commissione dei 42 esperti insediata dal governo martedì scorso. La consultazione, come ha annunciato il ministro Gaetano Quagliariello, sarà articolata in tre fasi. Le prime due saranno aperte a tutti coloro vorranno partecipare. La terza sarà invece riservata all'accademia, alle università ed agli studi professionali. L'iniziativa, sempre a detta del ministro per le Riforme, non è inedita ma segue la strada già percorsa dagli ex ministri Brunetta, Profumo e Barca. E, soprattutto, quella seguita dal governo Monti per la “spending review”.
Ed è proprio dal quest'ultimo esempio di ampia consultazione via web su un tema importante come i tagli alle spese dello stato che bisogna partire per formulare un giudizio sull'operazione promossa dal governo. Si tratta, prendendo a prestito la famosa battuta fantozziana, di una bojata pazzesca! Che serve a perdere tempo ed a macinare carte inutilmente nel segno di una trovata esclusivamente demagogica. Ma che produce anche una serie di effetti negativi all'insegna del principio fasullo secondo cui, grazie alla rete, tutti possono occuparsi di tutto in nome di una presunta conoscenza orizzontale egualitaria destinata a soppiantare la vecchia conoscenza verticale di natura elitaria dell'epoca precedente all'avvento del web. Sulla consultazione attraverso la rete sui tagli della spesa effettuata dal governo Monti è calato un velo di pietoso silenzio. L'operazione è servita solo a raccogliere una massa considerevole di banalità, sciocchezze ed insulti tra i più vari e diversi. E, naturalmente, non ha prodotto un bel nulla. Né più, né meno di quanto ottenuto dalle precedenti consultazioni di Brunetta, Profumo e Barca. Non è servita neppure ad assolvere il proprio intento demagogico di fondo.
Perché chiunque abbia preso parte alla iniziativa non ha minimamente riconosciuto la volontà di partecipazione popolare messa in mostra dal governo, ma ha semplicemente approfittato dell'occasione per manifestare attraverso il comodo strumento del computer il proprio disprezzo e la propria sfiducia nei confronti della classe politica. Ma la “bojata pazzesca” della consultazione web sulle riforme costituzionali non si limita ed essere totalmente inutile. È anche gravemente perniciosa. Perché delegittima l'attività dei 42 esperti avallando la tesi secondo cui non c'è alcun bisogno di competenza specifica per occuparsi di architettura costituzionale ma basta un "tweet" scritto in seguito ad una lettura frettolosa dei post che girano vorticosamente sul web per essere posti sullo stesso piano dei componenti della commissione per le riforme.
La consultazione, infatti, non è un referendum. A chi vi partecipa non si chiede di esprimere una opinione o un qualche giudizio sul risultato dell'attività degli esperti ed, in seguito, del Parlamento. Si chiede, al contrario, di fornire suggerimenti, pareri, indicazioni. Con la promessa che ogni contributo verrà preso in considerazione e valutato alla stessa stregua di quanto verrà espresso dal lavoro della commissione degli esperti e successivamente codificato dal Parlamento. Il messaggio implicito che in questo modo viene trasmesso non è affatto di apertura alla partecipazione democratica attraverso la nuova frontiera della tecnologia, ma solo di espressione della difficoltà della classe politica di saper usare al meglio i nuovi strumenti di comunicazione senza confondere competenze ed egualitarismo e correre il rischio di passare da Fantozzi a Tafazzi.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:11