
Le elezioni amministrative del '93 si conclusero con un successo senza precedenti per la sinistra che alimentò la convinzione di Achille Occhetto di poter portare la sua “gioiosa macchina da guerra” a conquistare più del sessanta per cento dei consensi nelle successive politiche del '94. Non fu così. La convinzione risultò sbagliata. E da quell'errore nacque il successivo ventennio bipolare segnato dalla presenza condizionante di Silvio Berlusconi. Nel commentare le ultime amministrative molti esponenti della sinistra hanno sottolineato come questo precedente non serva a nulla.
Perché è vero che le politiche del '94 sconfessarono clamorosamente le indicazioni delle amministrative del '93. Ma è altrettanto vero che quelle amministrative servirono da trampolino di lancio per quelle forze (la Lega ed il Movimento Sociale Italiano) che a distanza di pochi mesi sarebbero diventati gli alleati indispensabili e determinanti del partito inventato dal Cavaliere all'indomani della conquista da parte della sinistra di tutti i principali comuni italiani. Il paragone tra il '93 ed il 2013, in sostanza, sarebbe sbagliato in quanto allora Lega e destra erano partiti in ascesa e la loro spinta propulsiva sarebbe stata decisiva per il successo del '94 di Forza Italia, mentre ora sono forze in declino e se si andasse a votare nel 2014 risulterebbero essere più un peso che un aiuto ad una eventuale rinata Forza Italia di Berlusconi. Sulla carta la riflessione appare formalmente corretta. Nella realtà, però, non tiene conto che se nei vent'anni di bipolarismo il partito del Cavaliere ha consumato tutti i suoi principali alleati degli esordi (dall'Udc fino alla Lega passando per An), questo fenomeno non ha minimamente intaccato il bacino elettorale del centro destra. Gli elettori moderati possono anche disertare le urne alle amministrative perché non si riconoscono nella classe politica locale del Pdl. Ma alle politiche normalmente si mobilitano.
Non solo perché a farli uscire dalla tradizionale sonnolenza della maggioranza silenziosa si attiva un leader dalla forza e dalla capacità di interpretare gli umori della propria gente come Silvio Berlusconi. Ma perché in questi vent'anni si saranno pure consumate le identità iniziali della Lega, della destra ex missina e dell'Udc, ma si è anche formata una identità collettiva nuova e diversa che trova espressione nel Cavaliere ma che , sia pure in maniera più istintiva che strutturale, indica l'esistenza di un'area (non ancora partito) paragonabile all'area che negli Stati Uniti da vita al Partito Repubblicano, in Gran Bretagna al partito conservatore ed in Europa al Partito Popolare Europeo. Il berlusconismo, in sostanza, ha prodotto nel corso di venti anni il progressivo ridimensionamento delle identità iniziali dei tanti soggetti politici che si erano collocati nel centro destra e la contemporanea crescita di una identità sempre più definita da un punto di vista culturale e sociale che abbraccia quelle precedenti ed all'interno della quale tutte le altre sembrano destinate a fondersi.
Il tratto distintivo di questa identità è dato dall'intreccio tra idea liberale, idea nazionale ed idea riformista che trova nella personalità di Silvio Berlusconi una espressione ed una rappresentanza estremamente significative. A questa identità, però, non corrisponde ancora una struttura adeguata. Che potrebbe essere quella federale di forze nazionali e locali di origini diverse ma unite nella battaglia per la liberazione dei cittadini dal peso dello stato burocratico-assistenziale di modello sovietico caro alle sinistre. Ma che, di sicuro, non dovrebbe essere quella del ritorno alle tante identità originarie che ormai si sono già fuse tra loro in maniera spontanea e che se riesumate servirebbero solo a frantumare un'area che rappresenta l'unica speranza di salvare il paese.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:30