Riforme e processi: rischio di deriva

La strada della riforma in senso presidenziale della Costituzione è strettamente intrecciata con quella del calvario giudiziario di Silvio Berlusconi. Nel senso che se il leader del centro destra viene cancellato per via giudiziaria dalla scena politica la riforma istituzionale in chiave presidenziale viene approvata a furor di popolo entro i 18 mesi indicati da Giorgio Napolitano. Se invece, per qualche strano ed inaspettato accidente, il Cavaliere riesce a sopravvivere politicamente all'atto finale della persecuzione giudiziaria che si va consumando nei processi Mediaset, Ruby, Unipol e napoletani, il furor del popolo della sinistra si scaglierà contro ogni ipotesi di innovazione e cambiamento della Carta Costituzionale e le speranze di un rinnovamento istituzionale indispensabile per la sopravvivenza del paese svaniranno miseramente.

L'intreccio non è una supposizione , ma un fatto oggettivo. Ne convengono quanti sostengono che l'anomalia italiana sia rappresentata dalla presenza di Silvio Berlusconi e teorizzano che tolto di scena il Cavaliere anomalo scomparirebbero di colpo tutti i problemi e tutte le nequizie che affliggono la società italiana. Dai partiti personali all'alto tasso di corruzione, dall'evasione fiscale allo stesso altissimo debito pubblico. E ne convengono, ovviamente, quanti rilevano che il no alla riforma semipresidenzialista alla francese di parte significativa della sinistra nasce dal timore che Berlusconi voglia sfuggire alla giustizia facendosi eleggere Capo dello Stato e battendo, grazie alle proprie televisioni, tutti i candidati del fronte progressista gli venissero posto di fronte. Con simili presupposti esiste una qualche possibilità che si possa mettere seriamente mano alla riforma della Carta Costituzionale prima che l'intreccio perverso non venga sciolto? Chi si pone questo interrogativo non si rende conto che prima di trovare la risposta al dilemma bisogna trovare una soluzione ad una questione ancora più urgente. Che è quella relativa a quanto potrebbe succedere se l'intreccio venisse tagliato, come il nodo gordiano, dalla lama affilata di una qualche sentenza della magistratura come invocano da vent'anni a questa parte gli antipatizzanti del Cavaliere.

Siamo proprio certi che una volta condannato ed interdetto ai pubblici uffici il leader del centro destra, la strada della riforma in senso presidenziale diventerebbe in discesa ed i vari Romano Prodi e Matteo Renzi potrebbero sfidarsi per una candidatura alla suprema carica dello Stato che non avrebbe rivali vista l'indisponibilità forzata del concorrente della parte opposta? Daniera Santanchè minaccia lo sciopero fiscale del popolo del centro destra in un caso del genere. Ma anche volendo escludere una reazione così estrema, è chiaro che la cancellazione per via giudiziaria dell'unico leader del centro destra in grado di competere con la sinistra rappresenterebbe una rottura traumatica ed irreparabile del tessuto democratico del paese. Che non solo manderebbe all'aria qualsiasi possibilità di riforma ma che provocherebbe una lacerazione irreversibile della democrazia italiana. Altro che applicazione del modello semipresidenziale francese! Si arriverebbe ad una deriva di stampo ucraino o birmano.

E chiunque si trovasse a gestire il governo in una condizione del genere, cioè con metà del paese convinto di aver subito una ingiustizia insopportabile e di essere stato rinchiuso in un assurdo ghetto, finirebbe inevitabilmente vittima di una drammatica tentazione autoritaria. Il problema, allora, non è l'anomalia Berlusconi. La vera anomalia è rappresentata da chi considera non solo legittimo ma addirittura morale liquidare il proprio avversario per via giudiziaria nella convinzione che sia non solo un delinquente comune ma il rappresentante di un mondo antropologicamente diverso e geneticamente tarato da estirpare con ogni mezzo. Gli anomali, in sostanza , sono quelli che sognano ancora e per sempre la guerra civile!

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:19