Grillo: un marziano a Roma

Alcuni sondaggi danno ancora in crescita il Movimento Cinque Stelle. Ma, a dispetto degli auspici favorevoli, non è difficile rilevare come la fase di ascesa politica del partito di Beppe Grillo si sia esaurita e stia iniziando la fase del declino. Qualcuno identifica il momento di svolta nella polemica scoppiata tra il leader genovese ed i parlamentari grillini a proposito degli stipendi e di quanto ciascuno deputato e senatore dovrebbe trattenere per vivere a Roma durante i giorni in cui il Parlamento è aperto e funzionante.

A pensarla in questo modo è probabilmente chi pensa aristocraticamente che occuparsi di soldi è una questione da bottegaio. E tende a concludere che, se il problema principale dei grillini non è più di portare avanti fino alla vittoria la battaglia contro la casta della politica ma di avere lo stipendio necessario per le proprie spese , la loro funzione innovatrice si è di fatto già esaurita. Qualche altro avanza una ipotesi più sarcastica ispirata al famoso marziano di Ennio Flaiano. E stabilisce che i poveri grillini ci hanno messo appena un paio di mesi per farsi fagocitare dal tradizionale cinismo romano e perdere quell'innocenza originaria che all'indomani del voto sembrava destinata a provocare lo sconquasso della democrazia rappresentativa. In realtà hanno una parte di ragione sia gli uni che gli altri. Scoprire che anche i più puri tra i rivoluzionari hanno famiglia e si preoccupano di arrivare alla quarta settimana alimenta i sospetto che per buona parte dei grillini il Movimento Cinque Stelle sia servito solo a trovare una occupazione piuttosto che a provocare la palingenesi della società italiana.

E registrare che dopo la curiosità iniziale i romani e l'intera comunità nazionale abbiano perso qualsiasi interesse per i parlamentari di Grillo (come per il marziano di Flaiano) spinge inevitabilmente a derubricare il fenomeno che tanto aveva fatto discutere nei mesi scorsi a banale e normale accidente della storia. Come a suo tempo i qualunquisti di Guglielmo Giannini o i primi leghisti di Umberto Bossi. Accanto a queste ragioni, però, esiste una terza causa più importante di tutte. Che consiste nella risoluzione dell'equivoco che era sorto al momento dell'esplosione elettorale del Movimento Cinque Stelle. Allora si era pensato che l'antipolitica espressa da Grillo fosse portatrice di un nuovo modo di fare politica. Adesso si incomincia a scoprire che quell'antipolitica non era portatrice di una politica nuova ma era esattamente ciò che dichiarava di essere, cioè la mancanza di politica o, se vogliamo, l'incapacità di portare avanti una qualsiasi strategia politica oltre quella della sterile contrapposizione nei confronti di chiunque non voglia baciare la pantofola del Sommo Sacerdote genovese. Si dirà che un partito d'opposizione abbia di fronte a se un percorso obbligato. Che è quello dello scontro continuo nei confronti delle forze di governo.

E che il Movimento Cinque Stelle , oltre ad attaccare Enrico Letta e Silvio Berlusconi, non debba fare altro che incalzare da sinistra il Partito Democratico per continuare a succhiargli gli elettori così come ha fatto alle ultime elezioni. Ma questo è il percorso obbligato del piccolo cabotaggio. Non è il percorso più elevato che avrebbe dovuto seguire una forza politica nata con il proposito di cancellare definitivamente non solo la vecchia casta ma l'intero sistema della democrazia rappresentativa. In fondo da un marziano ti dovresti aspettare uno straordinario ed uno spettacolare disco volante capace di percorrere la galassia. Non un normale “piè di lista”, magari con qualche voce gonfiata

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:52