Imu, Porcellum e leggi su sindacati e partiti

Se il governo Letta-Alfano riuscisse ad eliminare l'Imu ed il Porcellum avrebbe già compiuto una buona parte del proprio lavoro. Rimarrebbe la parte più complicata. Quella della riduzione complessiva del carico fiscale con misure dirette a riattivare il mercato del lavoro con la riduzione delle tasse alle imprese ed ad rimettere in circolo un minimo di liquidità allentando il torchio che pressa l'80 per cento degli italiani proprietari di casa. Sulla carta quella che viene definita la parte più complicata appare come la più semplice. Perché in apparenza basterebbe reperire le risorse necessarie per coprire i mancati introiti del cuneo fiscale e della spremitura dei proprietari ed il gioco sarebbe fatto.

Invece la questione non è matematica ma politica. Ed è proprio questo che rende più difficile l'operazione. Perché in ballo tornano le vecchie categorie dei proprietari e dei lavoratori. E, come si è già visto nei giorni scorsi sulla polemica sull'abolizione dell'Imu, tra i partiti scatta il riflesso condizionato della difesa degli interessi dei rispetti blocchi sociale di riferimento. Così la sinistra si arroga il diritto di rappresentare i lavoratori e chiede che il costo della riduzione del cuneo fiscale venga pagato dai proprietari di abitazioni, magari con una apposita patrimoniale. Ed il centro destra scatta a difesa del ceto medio, quello che per definizione formato da gente che ha comperato o avuto in eredità beni immobiliari. E chiede che il maggior costo della riduzione del carico fiscale sulla casa venga pagato da una serie di tagli allo stato sociale. Nel momento di passare alle misure concrete, in sostanza, destra e sinistra sono portate a dimenticare l'emergenza che impone loro una faticosa collaborazione e coabitazione governativa ed a rispolverare tutte le antiche ed insuperate differenze.

Ma queste differenze hanno continuano ad avere le vecchie basi sociali di riferimento? E nella riapparizione di così radicate diversità non c'è il riaffiorare di antichi schematismi ideologici ormai abbondantemente superati dalla realtà? Non c'è bisogno di ricorrere a De Rita per prendere coscienza del fatto che le antiche distinzioni di classe non esistono più. Basta guardarsi intorno per registrare che gran parte dei lavoratori è per fortuna riuscita a diventare proprietaria di una abitazione e che una larga fetta di proprietari è priva di un posto di lavoro o combatte per conservarlo con le unghie e con i denti. Gli interessi di costoro, cioè della stragrande maggioranza della popolazione nazionale, sono dunque interessi comuni, non separabili, non conflittuali tra di loro. Ad essere precari o disoccupati non sono solo i figli dei lavoratori ma anche quelli dei proprietari. Così come a subire le conseguenze di una pressione fiscale paralizzante ed iniqua è la stragrande maggioranza dei cittadini che fanno parte di quel ceto medio allargato ed interclassista che è stato il risultato delle grandi trasformazioni avvenute nel secondo dopoguerra.

Ma superare i vecchi schematismi ideologici non è affatto semplice. Perché mantenerli in piede garantisce a partiti e sindacati grandi rendite di posizione a cui le vere caste che affliggono il nostro paese non vogliono in alcun modo rinunciare. Ed allora? La conclusione è che il governo Letta-Alfano non può permettersi di fare solo il compito che si è prefisso eliminando Imu e Porcellum e riducendo sensibilmente la pressione fiscale che provoca la recessione e paralizza il paese. Deve fare molto di più. Mettendo in cantiere leggi capaci di introdurre il metodo democratico all'interno dei sindacati e dei partiti e destinate, attraverso la modernizzazione di organismi indispensabili per la tenuta del sistema democratico, a provocare il progressivo smantellamento delle rendite di posizione e degli schematismi ideologici.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:16