Letta-Alfano: il “connubio” liberale

Se proprio si vuole trovare un precedente storico al governo nato dall'accordo politico tra Pd,Pdl e Scelta Civica si deve accuratamente evitare di fare riferimento al compromesso storico tra Dc e Pci degli anni '70. Non solo perché Enrico Letta ed Angelino Alfano non sono Enrico Berlinguer ed Aldo Moro ma soprattutto perché non c'è nulla di volutamente storico nell'intesa che ha dato vita al nuovo esecutivo. Nessuno dei partiti che partecipano alla coalizione governativa pretende di costruire una fase politica segnata da un incontro destinato a durare per un lungo futuro tra i due partiti più rappresentativi delle grandi masse del paese e delle culture dominanti del secondo dopoguerra.

Il Pd non pretende di rappresentare l'avanguardia della classe operaia portatrice della grande tradizione della sinistra italiana come invece voleva essere il Pci di Enrico Berlinguer. Il Pdl, a sua volta, non è il partito unico di tutti i cattolici italiani come la Democrazia Cristiana di Aldo Moro, Giulio Andreotti ed Amintore Fanfani. Entrambi, poi, non hanno alcuna intenzione di trasformare all'insegna dell'emergenza la democrazia parlamentare in democrazia consociativa in attesa di una mitica e difficilmente raggiungibile terza fase della democrazia dell'alternanza. Il tratto distintivo del nuovo governo, dunque, non è quello dell'”inciucio storico”. Semmai è l'esatto contrario. Cioè il realismo ed il pragmatismo di forze che non rinnegano affatto le rispettive differenze e che non si propongono di annullarle in nome di una improbabile commistione tra le grandi masse popolari.

Ma che si propongono molto più concretamente di collaborare per tutto il tempo necessario a risolvere alcuni dei problemi più urgenti che gravano sul paese. Se proprio si vuole trovare un precedente, dunque, bisogna andare molto più lontano degli anni '70 dei novecento, cercare tra gli esempi caratterizzati non dai propositi epocali ma da un più limitato ma concreto pragmatismo e riscoprire come il riferimento più calzante sia stato il “connubio” tra centro destra e centro sinistra realizzato da Cavour e Rattazzi nel 1852. Si tratta di un modello troppo antico? Se si bada al tempo passato sicuramente si. Non, però, se si pensa che quell'accordo tra moderati del centro destra e moderati del centro sinistra segnava il superamento delle precedenti barriere tra reazionari e progressisti. E lo faceva all'insegna della necessità di affrontare praticamente le questioni sul tappeto senza pretese palingenetiche ma con un accorto ricambio generazionale. Il “connubio” cavourriano, dunque, può essere un modello estremamente attuale. Ma sempre a condizione che Letta ed Alfano sappiano rimanere pragmatici e concreti come gli antichi predecessori e non perdano la consapevolezza che le grandi questioni del paese debbono essere affrontate non con le intransigenze astratte ma con un sano realismo ispirato ai valori della libertà.

Il “ connubio” creò le condizioni politiche per portare a compimento il processo della formazione dello stato unitario. Oggi, che quello stato unitario va di fatto rifondato, un nuovo “connubio” tra i riformatori ed i riformisti delle due vecchie aree contrapposte potrebbe riuscire a realizzare l'impresa. Senza consociativismi o commistioni di sorta e mantenendo intatte le differenze. Ma non dimenticando mai di subordinare i pur legittimi interessi di parte all'obbiettivo comune di portare la società italiana fuori dalla crisi in cui è drammaticamente caduta. Anche a causa di ottuse astrattezze ideologiche e totale assenza di realismo politico.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:23