
C'è un unico punto su cui i saggi di Giorgio Napolitano non sono riusciti a trovare un qualche accordo. È stato quello della riforma elettorale. Tre saggi su quattro hanno bocciato la proposta dell'elezione diretta del Capo dello Stato. E solo per dimostrare che su questo terreno non avevano solo perso tempo, i quattro dotti per scelta quirinalizia hanno abbozzato una proposta di riforma mescolando insieme il sistema tedesco con quello spagnolo e tirando fuori un aborto istituzionale ricalcato sui risultati dell'ultima tornata elettorale e diretto semplicemente a correggere l'assurdità attuale di un premio di maggioranza che attribuisce il cinquantacinque per cento dei seggi ad un partito che non ha raggiunto il trenta per cento dei voti.
La mancanza di accordo sulla riforma elettorale non stupisce e non rappresenta uno scandalo. Non si poteva certo pensare che in dieci giorni di tempo i quattro del Colle, sia pure se provvisti di saggezza, avrebbero potuto sciogliere un nodo su cui si sono inutilmente cimentati per anni ed anni i partiti tradizionali. Ma il mancato accordo sul tema della riforma elettorale impone alcune considerazioni che possono risultare utili per il prossimo futuro. La prima è che qualunque governo possa nascere dopo l'elezione del successore di Giorgio Napolitano, di larghe intese, di scopo, di minoranza, difficilmente riuscirà ad indirizzare in tempio brevi il Parlamento verso una nuova legge elettorale. La seconda considerazione, legata alla prima, è che con la scusa della necessità di cambiare il Porcellum qualunque nuovo governo avrà la possibilità di allungare il tempo della propria sopravvivenza. Cioè dello stato di precarietà in cui versa il paese visto che nessuna formula, neppure quella delle larghe intese, garantisce la fine della conflittualità tra le forze politiche dell'attuale legislatura. La terza considerazione, infine, è che a dispetto delle critiche e del suo stesso nome, il Porcellum rischia di essere un sistema elettorale difficilmente riformabile.
Perché assicura ai leader di ogni partito la possibilità di nominare con il listino bloccato i futuri parlamentari scegliendoli tra i più fedeli. E perché alla vigilia del voto trova sempre chi, pur criticandolo ufficialmente, lo difende a spada tratta nella convinzione di avere la vittoria già in tasca ed il mostruoso premio di maggioranza già assicurato. Chi pensa e sostiene che un governo serva a cambiare il Porcellum, dunque, sbaglia o racconta frottole. I vantaggi che l'attuale legge elettorale assicura alle caste chiuse dei partiti sono talmente tanti che difficilmente si potrà assistere nel prossimo futuro alla sua sostituzione con un sistema diverso e (si spera) migliore. C'è una sola strada per arrivare a superare il Porcellum. Ed è quella bocciata dai tre saggi su quattro. Cioè la scelta di inserire la riforma della legge elettorale all'interno di una più ampia e radicale riforma istituzionale diretta ad eliminare il bicameralismo perfetto ed a trasformare il sistema parlamentare in sistema presidenziale attraverso l'elezione diretta del Capo dello Stato. Ma è proprio il partito che più parla di cambiamento che si oppone ad una prospettiva del genere.
Da questo orecchio Pier Luigi Bersani, che pure rivendica la diversità del Pd dalle altre forze politiche e ripete il mantra degli anni '70 che in nome di questa diversità il suo partito deve governare per cambiare, non ci vuole sentire. Il ché non stupisce. Perché la resistenza al cambiamento del Pd sul terreno istituzionale è identica alla resistenza del Pd a qualsiasi ipotesi di cambiamento suo terreno di ogni altra riforma indispensabile per la ripresa del paese. Da quella dello stato burocratico-assistenziale e del lavoro a quella fiscale, da quella delle autonomie a quella della giustizia. Se mai Bersani dovesse riuscire a concretizzare la sua ossessione di dare vita ad un esecutivo di minoranza, dunque, il suo non sarà il governo del cambiamento ma solo quello della conservazione. E non del paese ma solo di una casta che pretende di essere inamovibile e di perpetuarsi all'infinito.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:12