Il tortellino magico è andato fuori di testa

Può fare brutti scherzi il senso di perenne superiorità ricevuta per grazia divina che caratterizza, come i padri ed i nonni del Pci, i dirigenti del Pd vicini a Pier Luigi Bersani. Può far scattare, ad esempio, il cosiddetto “pregiudizio Battiato”, quello che l'esimio cantautore siciliano ha manifestato nei confronti degli elettori del centro destra definendoli dei sottosviluppati mentali. Un pregiudizio che, a sua volta, può portare alla conclusione tipica di chi si considera comunque superiore che gli altri (intesi come avversari o semplicemente estranei) sono tutti indistintamente dei fessi.

Solo la convinzione di avere a che fare con una razza inferiore, infatti, può far pensare i componenti del tortellino magico bersaniano che gli esponenti del centro destra possano votare un nuovo Presidente della Repubblica estratto da una rosa di nomi espressa dal Pd. E che dopo aver contribuito a piazzare al Quirinale per sette anni un altro personaggio segnato da una storia di sinistra ed animato dalla stessa pretesa di superiorità dei propri designatori, decidano tranquillamente di sostenere non ufficialmente ma sottobanco (perché se il sostegno avvenisse alla luce del sole sarebbe altamente inquinante) un governo monocolore composto da soli esponenti del Partito Democratico e guidato dal segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Ma non basta. Perché , in preda ad una sindrome di superiorità addirittura delirante, i bersaniani di stretta osservanza non si limitano a chiedere che il centro destra consenta al governo di minoranza del Pd di superare l'ostacolo della fiducia al Senato accettando di rimanere “ impresentabile”.

Prospettano già il dopo. Ed ipotizzano che dopo aver aver avuto il via libera a Palazzo Madama con qualche papocchio da Prima Repubblica l'esecutivo bersaniano possa navigare tranquillamente per un tempo indefinito applicando la regola riveduta e corretta della politica dei “due forni” di andreottiana memoria. Cioè accettando graziosamente i voti del centro destra per le riforme istituzionali che senza un largo concorso parlamentare sarebbero irrealizzabili e sollecitando i voti di pezzi del Movimento Cinque Stelle sui provvedimenti del cosiddetto cambiamento tesi a cancellare per via legislativa gli avversari impresentabili del fronte moderato. Ora, visto che l'impresentabilità non comporta la cretinaggine, esiste un solo modo per riportare con i piedi per terra i deliranti portatori del “pregiudizio Battiato”. Ribadire il “ no “ secco al qualsiasi governo di minoranza.

Tanto più ad un governo di minoranza guidato da Bersani che oltre ad essere di minoranza in Parlamento lo sarebbe anche all'interno del Partito Democratico. Questo significa andare alle elezioni anticipate entro l'estate? Niente affatto. Significa semplicemente rendere evidente al prossimo Capo dello Stato che l'unica strada oossibile per superare lo stallo politico è di dare vita ad un governo di scopo a guida super partes che riformi la legge elettorale ed affronti l'emergenza economica e sociale per l'anno che ci separa dall'abbinamento delle nuove elezioni politiche con le prossime elezioni europee. Chi teme che il “no” a Bersani possa innescare il pericolo maggiore rappresentato da Matteo Renzi si convinca che, se ogni giorno ha la sua pena, quella rappresentata dall'eventualità di mandare al governo il tortellino impazzito dei bersaniani è una pena che comporta un pericolo gravissimo immediato. Come affrontare quello futuro, sempre che si concretizzi, ci si penserà a suo tempo. Adesso l'emergenza è isolare e rendere inoffensivi quelli che si credono Napoleone-Andreotti e giocano irresponsabilmente sulla pelle degli italiani.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:33