Bersani e la possibile fronda interna Pd

L'agenzia di rating Moody's preannuncia un nuovo declassamento dell'Italia e la Borsa del nostro paese crolla miseramente. A Bruxelles filtrano dai vertici della Ue notizie secondo cui la trovata dell'esproprio del 30 per cento dei conti bancari superiori ai 100 mila euro applicata a Cipro andrebbe estesa anche in Italia per ridurre il nostro debito pubblico. E nel paese una ventata di paura si abbatte sui cittadini tutti nel timore che la rapina, come avvenne all'epoca del governo Amato, non riguardi solo i risparmiatori più ricchi ma anche quelli che di euro ne hanno ben pochi. Il tutto mentre il governo non riesce ancora a sbloccare i fondi per i pagamenti dei crediti alle aziende da parte della Pubblica Amministrazione, le società chiudono a rotta di collo, la disoccupazione aumenta in maniera proporzionale e cresce automaticamente il pericolo che la tensione sociale sia sempre più vicina al punto di esplosione.

Nel bel mezzo di questo dramma il segretario del Partito Democratico incaricato dal Capo dello Stato di verificare se sia possibile trovare in Parlamento i voti necessari a dare vita ad un governo provvisto di numeri certi e capace almeno di avviare la fase iniziale della legislatura, perde tempo in consultazioni inutili e ridicole. Nella giornata di lunedì ha incontrato i rappresentanti dei sindacati e la segretaria della Cgil gli ha chiesto di inserire nel programma di governo quell'abolizione dell'Imu che Silvio Berlusconi aveva chiesto a gran voce incassando dall'intera sinistra l'accusa di demagogia a basso costo. Poi ha visto i rappresentanti di ogni genere e specie della cosiddetta società civile. Da quelli del Club Alpino Italiano e del Touring Club fino al fondatore di “Libera” Don Ciotti, al sociologo De Rita ed ai dirigenti di fantomatiche associazioni di studenti. Ieri, infine, ha sbrigato la pratica dell'incontro con i partiti presenti in Parlamento da cui ha avuto la conferma dell'esistenza di veti e di condizioni difficilmente superabili. Nessuno ha capito bene se con il Cai Bersani abbia parlato dei sentieri di alta montagna in grado di fargli scavallare le aspre cime che gli sbarrano il cammino o se con quelli del Touring si sia informato sui luoghi più ameni dove ritirarsi dopo il possibile fallimento del proprio tentativo.

Tutti, in compenso, si sono resi conto che il segretario del Pd ha peso del tempo più che prezioso. E lo ha fatto non nella speranza di poter smussare angoli, trovare nuove intese, creare un clima di concordia capace di favorire la nascita di un esecutivo in grado di affrontare al più presto la crisi. Ma nella pretesa di dimostrare in lungo ed in largo che se non c'è una maggioranza per il proprio governo non ci può essere una maggioranza per nessun altro governo e che l'alternativa è "o Bersani o voto". Non ci vuole grande intuito per capire che questa è la linea del Piave del segretario del Pd. Quella con cui Bersani non solo tenta di imporre le proprie condizioni capestro alle altre forze politiche ed al paese ma cerca, soprattutto, di tenere a bada il rischio di tensioni e ribellioni interne nel Pd. Fino a quando avrà la speranza di formare il governo riuscirà a tenere sotto controllo i dissidenti. Ma quando questa speranza dovesse svanire la sua sorte di leader del Pd sarebbe segnata.

Il paese può pagare un così alto prezzo in termini di paralisi decisionale alle questioni interne del Pd ed alla pretesa di Bersani di tenere il più lontano possibile il fantasma ossessivo di Matteo Renzi ? La risposta è scontata. Per cui è auspicabile che Bersani esca di scena al più presto.È vero che se non c'è una maggioranza per lui difficilmente può esserci per qualche altro incaricato. Ma questa difficoltà passa per la tenuta interna del Pd. E se, liquidato Bersani, la componente più responsabile del partito uscisse allo scoperto e si mostrasse disponibile a sostenere un governo del Presidente, cioè di Napolitano, cioè di un altro leader, per di più storico, del Pd ?

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:14