Il Pd e la sorte degli impresentabili

Una volta c'era l'arco costituzionale, dove tutti erano legittimati a partecipare al gioco democratico ad eccezione della destra definita anticostituzionale e quindi destinata a rimanere chiusa nel ghetto degli emarginati. Adesso c'è l'arco dei presentabili, dove tutti hanno i titoli di presentabilità per stare nel gioco democratico ad accezione del centrodestra che è bollato dal marchio della impresentabilità ed è condannato alla chiusura in un nuovo ghetto per i moderni emarginati. L'arco costituzionale aveva motivazioni politiche. Chi vi faceva parte era erede dei partiti che avevano partecipato alla Resistenza nel Cnl e chi ne era escluso era erede del partito a sua volta erede del fascismo uscito sconfitto dalla guerra civile. Ma a questa motivazione ideale se ne aggiungeva una molto più pratica e concreta.

Tenere fuori gioco la destra serviva prima a dare consistenza e solidità alla cosiddetta “irreversibilità” della formula del centrosinistra e, successivamente, a giustificare il compromesso storico tra la Democrazia Cristiana ed il Partito Comunista. Anche l'arco dei presentabili ha delle motivazioni politiche. Che però sono nascoste dietro la motivazione principale che è di natura morale. Secondo questa motivazione, infatti, il centrodestra è impresentabile in quanto il suo leader è un indagato a vita e rischia condanne che lo potrebbero portare in galera. Questa impresentabilità di ordine morale è poi aggravata dal fatto che i partiti del centrodestra non solo non abbandonano al suo destino il proprio leader “immorale” ma lo difendono fino al punto da manifestare di fronte ai Tribunali e dentro i corridoi delle procure adottando comportamenti giudicati “eversivi” dagli avversari. In più si rifiutano di accettare i canoni di presentabilità e rispettabilità fissati dall'unica autorità che da sempre si è autotitolata a svolgere questo ruolo che è la sinistra erede della tradizione e della storia comunista. Dietro l'impresentabilità morale, però, c'è quella politica. Che, simile a quella del passato arco costituzionale, serve soltanto a espellere dal normale gioco politico il centrodestra e ad assicurare alla sinistra, dopo l'evaporazione del centro, il ruolo di perno inamovibile del sistema democratico.

Ed , in definitiva, è rivolta a sostituire il sistema bipolare in un sistema monopolare in cui l'unico partito legittimato a giocare la partita sia il Partito Democratico. La decisione di Bersani di “conquistare” con il 29 per cento dei voti la totalità della cariche istituzionali ed il diritto di guidare il prossimo governo anche in assenza di una maggioranza solida costituisce la conferma dell'obbiettivo a cui è rivolto l'uso politico della pregiudiziale morale: un solo partito al comando in un sistema in cui ogni alternanza è preclusa vista l'impresentabilità dei possibili concorrenti. Il Pdl e gli altri partiti del centrodestra non dovrebbero sottovalutare il rischio di finire nel ghetto in cui lo vorrebbe rinchiudere il Partito Democratico finito nelle mani di arroganti neo-stalinisti. E non perché rischiano di finire isolati, depotenziati e marginalizzati ma perché quel trenta per cento degli elettori italiani che li ha votati non ha alcuna intenzione, dopo essere stati criminalizzati e bollati con il marchio dell'impresentabilità morale, di finire nelle morse di una dittatura di fatto del partito unico espressione del pensiero unico politicamente corretto. Al Presidente della Repubblica, che sicuramente non condivide il progetto bersaniano del sistema monopolare, le delegazioni del Pdl e degli altri partiti del centrodestra rinuncino a parlare di larghe intese ed insistano solo sulla inaccettabilità dell'esclusione di un terzo dell'elettorato italiano dal gioco democratico per pregiudizi di stampo neo- stalinista. Il garante dell'unità del paese non potrà non ascoltarli.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:52