
Mi capita tra le mani un gustoso documento della vita politico-burocratica della Regione Siciliana. «Oggetto: Codice antimafia ed anticorruzione della Pubblica Amministrazione (c.d. Codice Vigna). Requisiti minimi per la tutela anticipata degli Uffici per prevenire il verificarsi di fenomeni degenerativi. Direttive». L’oggetto di questa circolare ci ricorda che Vigna, oltre ad occuparsi, da Procuratore di Firenze, del “Mostro” e delle conseguenti associazioni, come dire, “di stampo mostruoso” è stato Procuratore Nazionale Antimafia. Una carica ed una funzione non proprio facilmente decifrabile, ma che tuttavia è una funzione giudiziaria. Ma, a quanto pare, non solo giudiziaria (oramai non ci sono più funzioni “soltanto” giudiziarie) se a lui risale un “Codice” di tal fatta, classificabile come regolamento per le Pubbliche Amministrazioni. Quasi una legge.
Dell’origine, per così dire, giudiziaria, questo codice per le Pubbliche Amministrazioni porta l’impronta, se la divulgazione fattane dalla Regione Siciliana con il documento che ho tra le mani ne ha conservato e rispettato, almeno un po’, le caratteristiche. Bisognerà che mi procuri questo “Codice Vigna”, così, se mi sbaglio, potrò fare debita ammenda. L’impronta è, dicevamo, “giudiziaria”. Perché, benché si parli di “Tutela anticipata degli Uffici” (una espressione non proprio “trasparente”, tanto per usare il linguaggio di moda e dell’autore del documento), la circolare sembra piuttosto concepire misure per facilitare future, prevedibili indagini giudiziarie, piuttosto che per garantire lo svolgimento corretto e ottimale dell’attività amministrativa. Del resto questi Magistrati, che ogni giorno di più diventano legislatori, amministratori, ministri dell’Economia, dell’Interno e degli Esteri, vedono tuttavia l’economia, l’amministrazione centrale e locale, la politica estera come altrettanti “campi d’indagini”, “corpi di reato” etc. Voi mi capite benissimo. Il documento della Regione Siciliana meriterebbe una ben più ampia analisi e commenti meno stringati. Ed a maggior ragione il “Codice Vigna”.
Di tutto il lungo sproloquio, l’unica norma concreta che mi sembra potersi cogliere nel mazzo è quella relativa all’obbligo del dipendente di comunicare all’Amministrazione se venga sottoposto a procedimento di “prevenzione” o a procedimento penale per determinati reati (mafia, concussione, corruzione etc.). Anche se nel nostro Paese non è poi così chiaro che cosa significa “sottoposizione a procedimento penale”, visto che “indagato” è anche colui sul quale si indaga “alla ricerca di notizie di reati”. Per il resto, francamente, c’è un certo profumo di aria fritta e, soprattutto una quantità impressionante di rinvii a future regolamentazioni, direttive, circolari, chiarimenti. In verità c’è anche dell’altro. Un articolo 18, significativamente intitolato “Identificazione di coloro che accedono ai pubblici uffici”, sottolinea quel carattere di destinazione delle norme “a futura memoria” per le indagini a venire. Per le quali potranno essere utili i registri che (con la solita debita salvezza delle privacy) dovranno essere tenuti, a quanto sembrerebbe, anche per i nomi dei visitatori delle biblioteche, degli archivi e, magari, dei musei. Ma non basta. Questa versione siciliana del Codice Vigna adotta per la strategia antimafia la dottrina della resistenza già agli avamposti.
Nei “profili applicativi” di questo art. 18 si legge, dopo un paragrafo in cui si spiega che le disposizioni in questione sono dirette “a prevenire infiltrazioni riconducibili alla criminalità mafiosa ed organizzata…” e dopo che è stata disposta la solita previsione di specifici futuri Regolamenti di disciplina dell’accesso “preordinata a ridurre i rischi derivati dall’ingresso di soggetti non autorizzati…”, un paragrafo il cui titolo è sottolineato per renderne subito evidente l’importanza: Addetti alla portineria: “Gli operatori per l’accoglienza alla portineria, effettuano i controlli necessari per garantire il rispetto dei regolamenti relativi all’accesso ed all’identificazione, adottati secondo le presenti linee guida”. Nel giuoco del calcio il portiere è l’estremo difensore. Ma per parare i palloni della mafia e della corruzione, i portieri, almeno in Sicilia, saranno in prima linea. A pensarci bene, con questa storia delle identificazioni, dei registri, dell’applicazione dei regolamenti (da approvare) etc. etc. i portieri diventeranno delle persone molto importanti. Non solo. Ma per evitare ingorghi ai portoni degli Enti ed Uffici regionali, credo che il loro numero dovrà essere adeguatamente aumentato. Attenzione però. Si ha l’impressione he d’ora in poi, se le cose continueranno ad andare come vanno, in tutti i processi per mafia, per corruzione, concussione e malaffare vario, avremo un imputato eccellente: il portiere. Sotto a chi tocca Signori Procuratori!
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:47