
Mentre scriviamo lo scrutinio è ancora in corso ed è quindi prematuro azzardare una distribuzione dei seggi. Al Senato, se anche Pd-Sel riusciranno a chiudere davanti a Pdl-Lega (forse 1%), sono le corse regionali che contano e il centrodestra ha già conquistato un numero sufficiente di regioni-chiave da rendere matematicamente impossibile una maggioranza Bersani-Monti. Alla Camera, dove però la distanza tra le due coalizioni sembra ridursi più velocemente che al Senato, un'eventuale vittoria di Bersani sarebbe inutile. Oltre al problema politico di prendersi il 55% dei seggi con il 29% dei voti.
Ma la lezione politica si può trarre ed è spietata per il Pd: l'annunciato boom di Grillo, infatti, c'è stato, anzi ha superato le aspettative (24% al Senato e 25 alla Camera, secondo partito e in alcune regioni il primo), ma ai danni essenzialmente del centrosinistra. Né il Pd, né il centro montiano riescono a intercettare i molti delusi del centrodestra. Nonostante gli sforzi dei commentatori, dei giornali e dei politici di sinistra nel dipingerlo come cripto-fascista e nel far credere che il suo movimento avrebbe tolto voti solo al centrodestra, l'avrebbe addirittura svuotato elettoralmente, Grillo il grosso dei voti li ha pescati nell'estrema sinistra e nel Pd, in misura minore nella Lega e nell'astensione, mentre Berlusconi sembra aver mantenuto le migliori aspettative della vigilia (29-30%). L'elettorato deluso e arrabbiato del centrodestra, infatti, ha protestato soprattutto non recandosi ai seggi (l'affluenza è calata di oltre 6 punti percentuali rispetto al 2008, quasi 3 milioni di voti in meno). Il giaguaro, lungi dall'essere smacchiato ha ruggito ancora (a proposito, qualcuno avverta il segretario del Pd che l'espressione è sinonimo proprio di un'impresa assurda perché destinata al fallimento).
E ancora una volta la sinistra è riuscita nel miracolo di perdere elezioni che poteva, e doveva vincere a mani basse. Non sono bastati la credibilità azzerata del Cavaliere dopo il caso Ruby, gli scandali che hanno colpito Pdl e Lega, la bufera finanziaria della fine 2011 che ha costretto Berlusconi a mollare e a favorire la nascita del governo Monti. Né un vantaggio di 12-14 punti percentuali che i sondaggi attribuivano alla coalizione guidata da Bersani soltanto pochi mesi fa. Quel vantaggio, nell'arco di qualche settimana, si è praticamente azzerato. Non solo per merito della rimonta di Berlusconi, che c'è stata, ha portato il centrodestra ad un risultato più che onorevole, ma che non avrebbe potuto impensierire Bersani se solo avesse ottenuto un risultato almeno vicino a quello dello sconfitto Veltroni nel 2008. Soprattutto quindi, bisogna riconoscere, per il clamoroso autogol - l'ennesimo - della sinistra.
Abbiamo assistito più o meno allo stesso fenomeno che portò alla caduta del primo governo Prodi. Allora fu Rifondazione comunista a sfilarsi dall'esperienza di governo. Oggi si sono sfilati gli elettori ancor prima che si formasse il governo. Resta un mistero tutto da analizzare ciò che spinge gli elettori di sinistra a votare in massa Grillo proprio nel momento in cui si spalanca davanti a loro la possibilità di mandare Bersani a Palazzo Chigi e Berlusconi davvero a casa. Certo, c'è da chiedersi cosa sarebbe stato se le primarie le avesse vinte Renzi, ma è probabilmente vero che alla maggior parte degli elettori di sinistra non interessa governare, bensì lamentarsi. Adesso riprenderanno il piagnisteo su quanto è brutta la legge elettorale (lo è, ma si può fare peggio) e a chiedersi come mai così tanti elettori ancora votano Berlusconi, piuttosto che chiedersi come mai così tanti del Pd hanno votato Grillo.
Per Ingroia la sconfitta è umiliante, per Monti bruciante. Quanto al primo, speriamo solo che abbia la decenza di non tornare a fare il magistrato. Per quanto riguarda il premier uscente, alla Camera sembra riesca a superare per un soffio la soglia del 10% e ad eleggere un drappello di deputati. Anche al Senato il bottino è piuttosto magro (meno di 20 senatori). Il progetto esce bocciato dalle urne, soprattutto perché lontano dal rappresentare la terza forza del paese: se anche si fossero create le condizioni per sostenere un governo Bersani, non avrebbe avuto la forza necessaria per condizionarlo. E poi perché anche il professore ha partecipato alla riesumazione di Berlusconi, commettendo un duplice, madornale errore, che su queste pagine denunciamo da sempre. Prima, al governo, sciupando un'occasione irripetibile per riformare il paese, si è limitato ad aggiungere tasse; poi, sedotto da Fini e Casini si è infilato nel tunnel senza uscita dell'antiberlusconismo, rinunciando ad aprire una pagina nuova e unitaria nel centrodestra e optando, invece, per un'asfittica operazione centrista.
Anche se c'è andato vicino, Berlusconi non poteva vincerle queste elezioni, ma poteva dimostrare – e c'è riuscito – che chiunque fosse interessato ad un progetto di centrodestra in Italia – e gli elettori, sia pure sfiduciati, sembrano ancora interessati – deve accettare di avere ancora a che fare con lui. A meno che non si voglia aspettare in riva al fiume il passaggio del famoso cadavere, ma in senso letterale. Sbaglierebbe, ovviamente, il Pdl a crogiolarsi in questa onorevole sconfitta. La strada per recuperare credibilità come forza di governo è ancora lunga e non può sottrarsi alla prospettiva di una vera e propria rifondazione del centrodestra su basi diverse dall'irripetibile forza carismatica del suo leader.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:48