Mario Monti e la questione del Ppe

La stranezza non è rappresentata dai socialisti europei che si sono mobilitati in massa per sostenere il Pd di Pierluigi Bersani e demonizzare il nemico storico Silvio Berlusconi. La stranezza è il comportamento dei popolari europei. Che sono rimasti silenziosi ed assenti rispetto alla campagna elettorale italiana. E che quando hanno deciso di rompere questo singolare riserbo lo hanno fatto solo per dichiarare il loro sostegno a Mario Monti e la loro avversione al Cavaliere, tornato per l'occasione ad essere nuovamente nero. Lo strano della faccenda non è solo che la lista civica di Monti non fa parte del Ppe mentre il Pdl di Berlusconi è una delle componenti più forti del Partito Popolare Europeo.

Non è neppure che nel frattempo il Cavaliere nostrano non è stato né cacciato, né minacciato di espulsione dal Ppe ma figura ancora a pieno titolo e senza sconfessioni ufficiali nel partito dove continua ad esserci anche Sarkozy. E nemmeno che i vertici del Ppe non abbiano speso neppure mezza parola in favore dell'altro partito italiano che insieme al Pdl è presente al suo interno, cioè l'Udc. Lo strano, ma di seguito vedremo che di strano non c'è proprio nulla, è che i popolari europei si sono spesi solo ed esclusivamente per Mario Monti, cioè il personaggio che a differenza di Pierferdinando Casini, non ha alle spalle alcuna esperienza di popolarismo politico ed, anzi, rivendica come sua caratteristica quella di essere un tecnico deciso ad innovare la politica fuori da qualsiasi schema tradizionale.

La spiegazione della apparente stranezza è che mentre i socialisti europei hanno fatto scattare la solidarietà ideologica e politica con il Pd di Bersani, i popolari europei, soprattutto quelli tedeschi e dell'area del Nord dove la Germania svolge un ruolo di guida, hanno fatto scattare il proprio interesse nazionale. Ed hanno deciso di puntare su Monti non perché il “Professore” interpreta quella economia sociale di mercato che in teoria dovrebbe far parte del loro bagaglio culturale e politico ma perché ai loro occhi il “Professore” è l'esponente politico italiano che più li garantisce rispetto al rischio di una politica economica diversa da quella della rigida austerità da loro considerata come l'unico antidoto alla riedizione dell'inflazione seguita alla crisi del '29. Monti, dunque, è stato scelto non per la propria autorevolezza (che pure esiste) o per la propria competenza (che pure è indiscutibile). Ma solo ed esclusivamente in quanto campione del doppio interesse tedesco ad impedire sbandate inflazionistiche all'euro ed a difendere il ruolo egemone conquistato da Berlino proprio grazie alla identificazione tra l'euro ed il vecchio marco.

Ci si può chiedere se l'interesse nazionale tedesco tutelato da Monti si possa identificare con l'interesse nazionale italiano. E si può rispendere che difficilmente i due interessi possono coincidere visto che nell'anno in cui il “Professore” ha guidato il nostro paese applicando la ricetta di politica economica cara ai tedeschi l'Italia non ha compiuto un solo passo in avanti per uscire dalla crisi mentre la Germania ha continuato a godere dei privilegi dell'euro forte e dello spread favorevole. Ma invece di sollevare una polemica di natura elettoralistica all'insegna del “Monti uomo di Berlino” va invece posto il problema di come il Pdl intenda comportarsi in futuro all'interno del Partito Popolare Europeo. Se la logica che domina in quel partito non è quella del comune sentire politico e culturale della tradizione popolare e cristiana ma è quella dell'interesse nazionale del paese europeo egemone e dei suoi satelliti, allora ci si deve porre il problema se restare o meno nel Ppe e, se ci si resta, come stabilire rapporti ed alleanze con quei popolari d'Europa che intendono privilegiare i valori condivisi piuttosto che gli interessi della sola Germania.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:11