Giustizia, tutto casuale tranne il finale

Non c'è complotto! È tutto casuale! Poiché la giustizia segue il suo corso in maniera autonoma e separata da quello della politica! Certo, può essere che il presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi venga spinto dagli effetti estremamente convincenti dell'isolamento carcerario a confessare che le tangenti per gli elicotteri comperati dall'India erano destinati alla Lega. E, come conseguenza rerum, può essere che questa confessione produca la sconfitta di Maroni nei confronti del candidato della sinistra Ambrosoli nelle elezioni per la Regione Lombardia e la conquista da parte del Pd della maggioranza dei senatori lombardi nell'Ohio de noantri. Ma se tutto questo dovesse capitare sarebbe, ovviamente, del tutto accidentale.

Certo, può sembrare singolare che proprio nel momento in cui scattano le manette ai polsi per far tornare la memoria ad Orsi sulle presunte tangenti alla Lega una nuova valanga di documenti (che però non documentano un bel niente ma servono a riempire le pagine dei giornali di palate di sterco sulla faccia di Formigoni) fuoriesca da una inchiesta che va avanti ormai un anno e che ha già portato all'uscita dalla scena politica lombarda dell'ex governatore Pdl della Regione.

Ma è tutto accidentale, causale, occasionale. Se il corso della giustizia di Busto Arsizio s'intreccia in maniera concomitante alla vigilia delle elezioni con quello della giustizia di Milano è solo per bizzarra combinazione del destino. Né più né meno di quanto accade a Bari , terra in cui centrodestra e centrosinistra sono quotate alla pari per la conquista della maggioranza del premio di maggioranza senatoriale, un tribunale chiude una inchiesta, avviata da un magistrato successivamente passato alla politica in un partito avversario del centrodestra, con la condanna esemplare (per un versamento elettorale ufficiale e niente affatto nascosto) di Raffaele Fitto, cioè del candidato locale di punta del Pdl alle prossime elezioni.

Naturalmente, infine, è occasionale, accidentale, casuale, che nell'ultima settimana che precede il voto nazionale il Festival di San Remo, cioè la trasmissione televisiva che da 62 anni domina incontrastata le serate di circa il cinquanta per cento degli italiani, si trasformi in un gigantesco spot del luogocomunismo più scontato con conduttori di sinistra, ospiti di sinistra, comici di sinistra e pubblico ovviamente di sinistra (tranne qualche isolato infiltrato).

È del tutto inutile tirare in ballo la regola secondo cui un indizio è un indizio, due indizi sono due indizi ma tre indizi diventano una prova. E ci fosse un solo cervello in grado di aver organizzato un complotto del genere, questo cervello avrebbe già in mano da tempo il paese e non avrebbe avuto alcun bisogno di mettere insieme un disegno così complesso.

Paradossalmente, però, il problema è proprio questo. Perché se ci fosse una regia unica ci sarebbe anche una strategia unitaria diretta a conseguire l'obbiettivo ben definito della conquista del potere da parte del burattinaio. Ma il dramma è che, anche se ad ispirare separatamente le “manine” e le “manone” c'è il desiderio generico di colpire la destra e favorire la sinistra, il regista unico provvisto di una capacità superiore non esiste. Il ché produce due valutazioni. La prima è che se Bersani non riesce a vincere le elezioni neppure con il concorso occasionale, casuale ed accidentale di tante circostanze incredibilmente favorevoli è meglio che si affretti a chiedere ospitalità nell'eremo dove intende rinchiudersi Benedetto XVI. La seconda è che se Bersani vince le elezioni grazie a queste circostanze fortuite è destinato a

diventarne la facile vittima nel giro di pochissimo tempo. Perché, come gli ultimi tre decenni insegnano, chi sfrutta il corso incontrollato della giustizia ne diventa, presto o tardi, vittima.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:28