
Restituire i fondi dei gruppi consiliari alle casse della regione Lazio? “Ma de che?”, per dirla alla romana. A cinque lunghi giorni dalla conferenza stampa con cui i candidati radicali alla regione Lazio, in primis i due uscenti boicottati da Zingaretti, Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo, hanno presentato alla stampa la copia del bonifico con cui i Radicali italiani hanno restituito alla regione Lazio i 360mila euro dei fondi avanzati tra quelli messi a suo tempo a disposizione del loro gruppo, nessuno dei partiti che si contenderà la fiducia degli elettori laziali ha ancora seguito il loro esempio. Né dato segnali di vita intelligente all’appello-sfida lanciato proprio dai radicali a imitare il gesto che di per sè potrebbe essere un ottimo segnale a chi pensa che ormai la politica sia solo una lurida occasione di arricchimento. L’atmosfera è quella dei fumetti di Asterix quando i romani cercavano un volontario per fare a botte con Obelix: tutti fischiettano. Rivisto con il senno di poi, anche il mancato accordo con il Pd romano di Zingaretti potrebbe essere letto sotto questa luce, invece che con pretese e pretestuose parole d’ordine di rinnovamento del personale politico. E anche le polemiche per il mancato accordo tecnico con Storace sanno di malafede allo stato puro.
È dura negare la circostanza che avere in coalizione persone intransigenti e concretamente coerenti come Rossodivita e Berardo avrebbe potuto creare non pochi problemi a un partito che ha inteso fare repulisti a modo suo degli ex consiglieri alla regione: candidandoli, spesso insieme alle rispettive consorti, nelle liste bloccate di Camera e Senato. Incredibile, se non assordante, anche il silenzio di Bersani in materia: non una parola neanche ora che i radicali hanno restituito quei soldi. Un partito che inonda, come gli altri, Roma di manifesti anche in spazi di affissione abusiva con slogan tipo “L’Italia giusta”, trova “giusto” fare finta di niente e neanche rispondere su dove siano finiti i soldi “avanzati” dei gruppi del consiglio regionale? O anche solo quelli del gruppo del Pd?
Magari in questa campagna elettorale da “scary movie” si è visto di tutto e non ci siamo fatti mancare proprio niente. Ma ci vuole una bella faccia tosta ad accusare, ad esempio, Berlusconi di demagogia perchè vuole restituire l’Imu agli italiani e passare le giornate nei talk show televisivi a fare i conti della serva per dimostrare che gli intenti dell’avversario politico, anzi del nemico, sono truffaldini e poi non dire una mezza parola su quei soldi. Fossi un elettore romano e nazionale, quale in effetti sono, prima di dare il voto mi chiederei gli altri gruppi politici, #tranne i radicali, dove hanno messo quei soldi e se intendano restituirli. Anche nella questione morale, così usata a mo’ di clava da decenni dalla sinistra, vale il proverbio latino “primum vivere deinde philosophari”. Laddove “vivere” significa farci sapere cosa combina e non solo a Roma con i fondi consiliari della regione Lazio, ma anche a Siena con le generose mance della Fondazione Montepaschi, la dirigenza del Pd. Mentre “philosophari”, nella fattispecie contingente, sono solo quelle chiacchiere di apparente buonsenso, ma di scarsa onestà intellettuale, con cui vengono inondate le tv.
Fino al momento in cui questo nodo gordiano non verrà sciolto, con la spada o con le mani, ci permettiamo di dubitare delle buone intenzioni e delle belle parole di questione morale tanto del Pd romano quanto di quello nazionale. E, per usare le parole dei Radicali italiani e del loro comunicato di un paio di giorni orsono, «siamo ancora in attesa di avere risposte riguardo la restituzione dei fondi dei gruppi degli altri partiti al Consiglio Regionale... questa è la differenza tra il fare trasparenza e l’immaginarla soltanto, sicuramente una differenza per gli altri intollerabile». Appunto.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:41