Vetero-keynesiani e invidia sociale
Occorre premettere per onestà che un po’ tutti, in questa campagna elettorale, propongono ogni sorta di ricetta miracolosa in cambio di un miserabile voto. Un tratto di matita copiativa che, secondo i visionari di qualunque colore e schieramento, potrebbe addirittura cambiare il destino dell’intero Paese. 
Sotto questo profilo colpisce l’impegno, ossessivamente ripetuto da tempo, di Bersani & company di realizzare, una volta giunti nella stanza dei bottoni, un piano per la crescita e per l’occupazione. 
L’idea di fondo, al di là del fumo propagandistico che l’avvolge, si può così sintetizzare: stimolare l’economia attraverso robuste iniziative pubbliche sul piano degli investimenti infrastrutturali, reperendo le risorse necessarie rimodulando le aliquote dell’Imu ed altre eventuali voci tributarie. 
In pratica, suppur detto nel modo più soft possibile, aumentare ulteriormente il prelievo fiscale allargato, eventualmente facendone gravare il maggior peso sui cosiddetti ricchi. 
Tutto ciò viene espresso all’interno di un sistema pubblico che spende oramai ben oltre 800 miliardi all’anno, qualcosa come il 55% del Pil, e che per questo, sottraendo alla libera economia di mercato risorse eccessive, rappresenta una soglia di non ritorno per l’Italia. Occorrerebbe, al contrario di ciò che predica il finto buon senso di Bersani, ridurre gradualmente spesa e pressione fiscale, onde consentire una ripresa dei consumi e degli investimenti di tipo strutturale e non drogata dai fallimentari interventi di tipo keynesiano. Ma ciò, a prescindere dalle autentiche convinzioni personali dello scaltro segretario del Pd, contrasterebbe con le aspettative della maggioranza dei potenziali elettori di una sinistra totalmente sbilanciata sulle tesi iperstataliste di Vendola e Landini. 
Avendo deciso di spostare il baricentro del Partito democratico sulla componente più conservatrice della sinistra, la quale corre dietro alla fiaccola di un collettivismo bocciato dalla storia, a Bersani non resta che l’usato sicuro di una invidia sociale mascherata dalla solita Araba fenice dell’equità. In questo modo la facile strada del consenso a buon mercato non può che condurci ancor più velocemente verso l’inferno.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:51