
La notizia: «Sesso con i trans, arrestato un pm romano – Il sostituto Roberto Staffa... incastrato da telecamere e cimici nascoste nel suo ufficio». Non è certo un bell’episodio, anzi, è bruttissimo. Questo magistrato non esitava a dedicarsi a tali piacevolezze nella sua stanza, a fianco di quella del segretario, magari cacciando in malo modo perché “occupato” chi andava a “disturbarlo” e distrarlo da certe... “funzioni”. Ed oggetto delle sue attenzioni erano indagati, imputati: cosa che di per sé fa di certe manifestazioni un grave reato. Ma chi è (è prematuro, con i tempi che corrono dire “chi era”) questo Roberto Staffa?
Un magistrato, ma non un magistrato qualsiasi. Pare che avesse funzioni “antimafia”, come dire uno delle truppe d’assalto di questa magistratura che tanto propende per tutto ciò che è bellico, militare, strategico. Contemporaneamente si occupava, guarda caso, di violenze sessuali, maltrattamenti in famiglia e droga. Si direbbe che il concetto di mafia si allarghi alquanto. Un fulmine a ciel sereno su un “insospettabile” uomo di legge (tanto uomo di legge che, anche occupandosi di musica, suo hobby favorito, faceva parte di un gruppo “Dura Lex”). Però! Ma non troppo imprevedibile. Il fatto è che il soggetto in questione aveva precedenti che, se non valgono (cioè non dovrebbero, per le persone comuni, far venire meno la presunzione di innocenza), avrebbero dovuto imporre qualche prudenza maggiore nell’attribuirgli funzioni delicatissime, proprio nel campo in cui, poi, è maturata, guarda caso, la vicenda che lo ha mandato in manette. Quindici anni fa, prima di essere destinato a Roma, era stato sottoposto a procedimento disciplinare e sanzionato, tra l’altro, con un trasferimento a Trieste.
Il nostro pm aveva scritto una lettera di solidarietà a Sandro Mancini, imputato in Usa di traffico di videocassette e materiale pornografico e pedofilo, lettera di cui questi aveva potuto valersi nel giudizio. Da Trieste a Roma, dove al magistrato concretamente solidale col pedofilo e come tale censurato, guarda caso, erano stati affidati compiti relativi a reati sessuali, diciamo così “speciali” (viados, trans, etc.). Da perseguire. Ma anche da fare oggetto, a quanto pare, di una “solidarietà” ancor più impegnativa. Un altro episodio dell’oculatezza del governo della magistratura italiana. Andrà a finire come andrà a finire. C’è da augurarsi che non si ripeta l’episodio di quel magistrato romano, sorpreso anni fa nelle latrine di un cinema di periferia romana con un ragazzotto reclutato sul posto. Dopo anni di procedimenti penali e disciplinari fu prosciolto. Con il ragazzotto si era appartato (si fa per dire) in conseguenza di una gran botta in testa avuta passando in una porta troppo bassa, che gli aveva procurato l’incapacità di volere e la tendenza a quegli sfizi. Mondato d’ogni colpa fu promosso da Consigliere d’Appello a Consigliere di Cassazione, dopo aver cumulato una quantità di scatti di anzianità da magistrato d’Appello.
Così, per il principio del “trascinamento” arrivò in Cassazione con uno stipendio più alto di quello iniziale di ogni altro collega di tale livello. Per un altro “principio” tutti gli altri consiglieri di Cassazione al livello iniziale si videro aumentare lo stipendio perché non fosse da meno quello dell’ultimo arrivato (non era colpa loro se non erano stati beccati in una latrina etc. etc.). Ne seguì, di conseguenza, un aumento anche nelle “fasce” superiori. Sempre grazie a latrina, ragazzotto di borgata e collega distratto nell’attraversare le porte. Questo complicato ed incredibile giuoco di procedimenti penali e disciplinari e di norme sul trattamento retributivo combinati con vicende di cinema di periferia e ragazzi di vita, costò all’Erario, intanto, 75 miliardi di lire all’anno. Che non credo qualcuno oggi, nel clima di austerità “montiano”, penserà di “tagliare”. Intanto l’Associazione Magistrati fa sapere che la legge deve essere applicata con rigore e fermezza anche all’interno della magistratura. Scatti di stipendio a parte.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:39