I pifferai magici di sinistra

Nonostante l’ostentata serietà e compostezza, anche il candidato premier dell’asse Pd-Sel Bersani ha tirato fuori all’occorrenza il suo piffero magico. Cercando di imbonire i “topolini” della sua area politica, coloro i quali si aspettano ulteriori interventi salvivici dallo Stato, ha dichiarato più volte che in Italia la spesa pubblica non è assolutamente troppo alta, se escludiamo il servizio del nostro colossale debito statale. Ovviamente, dati storici alla mano, si tratta di una vera e propria balla elettoralistica, ad uso e consumo di chi ama ancora baloccarsi con l’illusione sinistra di continuare a vivere nella “città del sole” facendo piangere i ricchi e/o aumentando il numero delle tagliole patrimoniali di questo disgraziatissimo paese. In realtà, soffermandoci in un sommario escursus storico, la spesa pubblica al netto degli interessi raggiungeva appena il 20,2 per cento del Pil nel 1950 mentre nel 1960, in pieno boom economico, saliva al 27,9 per cento. Nel 1980 poi, quando dominava il famigerato consociativismo, le uscite nette dello stato ammontavano al 34,4 per cento, per toccare dieci anni dopo un preoccupante 41,8 per cento.

Tuttavia, nonostante i risparmi dovuti al nostro ingresso nell’euro, i governi della cosiddetta seconda Repubblica hanno fatto di meglio. Nel 2010 la spesa pubblica ha raggiunto il record del 46,6 per cento, e le stime per l’anno che si è appena concluso, complice anche la forte riduzione del reddito nazionale, indicano un incremento superiore ai due punti. Ora, in questa corsa verso il baratro del default, sarebbe il caso che il segretario del Partito democratico valutasse con attenzione, prima di lanciarsi nei suoi proclami delle cicale, la tendenza dinamica interna della medesima spesa. Se lo facesse si accorgerebbe che negli ultimi decenni, nonostante i forti incrementi complessivi, si è riscontrata una notevole diminuzione dei contributi di produzione, dell’assistenza alle famiglie e - soprattutto - degli investimenti in conto capitale.

Ciò ha fatto da mero contraltare all’aumento eccessivo del capitolo pensioni - che ha superato il 30 per cento delle uscite complessive - e del resto della spesa corrente. In soldoni, caro Bersani, questo significa che la mano pubblica investe enormi risorse in consumi e lascia le briciole per tutto il resto. La rappresentazione plastica di questa enorme distorsione è che, nonostante gli oltre 800 miliardi controllati dalla stessa mano pubblica, non ci sono abbastanza risorse per una manutenzione adeguata delle nostre strade, trasformate alle prime gocce d’acqua in un gruviera intransitabile. Al di là delle chiacchiere, questa è una semplice sperimentazione che qualunque cittadino esegue sulla propria pelle tutti i giorni.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:46