
Nessuno è in grado di prevedere se Silvio Berlusconi riuscirà a compiere il miracolo del recupero dei delusi del centro destra così come fece nel ‘94 e nel 2006. Può essere che ci riesca, anche se l’impresa appare estremamente difficile. Ma qualunque possa essere il risultato numerico del voto di febbraio è assolutamente certo che la coalizione di centro destra si confermerà come lo schieramento alternativo a quello del centro sinistra. Magari destinato all’opposizione (più facilmente ad una trattativa per un governo di grande coalizione finalizzato alle riforme) ma niente affatto disperso, frantumato e destinato ad essere sostituito da un’area centrista impersonificata dal tecnocrate di potere Mario Monti. Al momento, dunque, Berlusconi non ha compiuto il miracolo del recupero dei delusi. Ma ha sicuramente realizzato il mezzo miracolo della riaffermazione dello schema bipolare e della riaggregazione delle diverse componenti, fino a ieri sbandate e divise, del centro destra.
A dicembre si ipotizzava che attorno a Monti si sarebbe catalizzata una galassia formata da una parte maggioritaria e scissionista del Pdl, dalla totalità delle componenti del mondo cattolico e da gran parte delle liste civiche e delle formazioni minori dell’universo estraneo e contrapposto al mondo della sinistra. Sempre a dicembre si dava per scontato che la Lega non avrebbe fatto alleanze con i berlusconiani ridotti ormai al lumicino e che la sorte del Cavaliere sarebbe stata di accontentarsi di conservare un minipartito personale destinato ad occuoare il quarto posto nella gerarchia delle forze politiche dopo il Pd, l’area montiana e le Cinque Stelle di Beppe Grillo. Oggi, invece, non si può non registrare che il Cavaliere ha evitato una rovinosa scissione del Pdl, recuperato il rapporto con la Lega ed costruito una alleanza elettorale con tutte quelle forze minori, dalla Destra di Storace a Fratelli d’Italia di Meloni, La Russa e Crosetto, da Grande Sud e Mpa di Miccichè e Lombardo, dal Mir di Samorì al partito dei pensionati di Fatuzzo fino alla lista di Sgarbi. Può essere che questo schieramento non compia il recupero ma può ragionevolmente puntare al pareggio ed a pesare in maniera determinante nella prossima legislatura.
Il cemento che tiene insieme questo schieramento è sicuramente l’ostilità verso la sinistra, i tecnocrati e gli epigoni della Prima Repubblica come Casini e Fini e l’interesse a non essere spianati da un Pd dalla ritrovata vocazione egemonica. Ma questo è un cemento ottimo per le campagne elettorali ma pessimo per il dopo elezioni. Per tenere insieme le diverse componenti del centro destra ci vuole un mastice più forte e duraturo. Che può essere formato non da una semplice piattaforma programmatica, che pure è importante e va comunque definita. Ma, soprattutto dalla definizione di quei valori comuni che una volta posti a fondamento dell’edificio del nuovo centro destra posso sfidare ogni tipo di tempesta o di sommovimento . Non si può chiedere a Berlusconi di compiere anche questo miracolo. E non lo si può neppure pretendere dai professionisti della politica dei partiti del centro destra che in queste ore si battono disperatamente per la conservazione o la conquista di un posto in Parlamento e che , come hanno dimostrato negli anni passati, sono troppo presi dai propri problemi di sopravvivenza per occuparsi di idee e di valori . Il compito spetta agli altri. A quelli che rimanendo fuori dal Parlamento e dalla attività politica di Palazzo e di partito hanno la libertà e la possibilità di proporre, suggerire, stimolare e, soprattutto, dare voce culturale ai valori ed alle idee espressi con il loro voto dagli elettori del centro destra. Al Cavaliere ed ai politici, dunque, la battaglia elettorale. Agli esterni il compito di lanciare dopi il voto la battaglia delle idee. Questa volta senza sconti per nessuno, Berlusconi e politici in testa.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:51