Monti e il partito della casta

Non sarà il mondo cattolico a rappresentare l’asse portante del nuovo centro rappresentato da Mario Monti. L’annullamento del “Todi 3”, la riunione dei movimenti e delle associazioni collaterali alla Chiesa italiana da cui sarebbe dovuta scaturire la conferma definitiva della scelta del Vaticano di riunire il maggior numero di cattolici attorno al Professore, ha cancellato di colpo questa prospettiva. Monti, ovviamente, potrà contare sul sostegno di qualche rappresentante delle organizzazioni che avrebbero dovuto partecipare al nuovo Forum di Todi. Ma non assumerà in alcun modo le vesti del nuovo De Gasperi chiamato a ricostruire l’unità politica dei cattolici dopo l’era della diaspora di questi ultimi all’interno dei due schieramenti del bipolarismo italiano.

Questa conclusione era abbastanza prevedibile. Perché le condizioni che avrebbero permesso la tanto sperata riaggregazione del mondo cattolico attorno ai cosiddetti “valori irrinunciabili” non esistono. Mai come in questo momento il mondo cattolico è diviso e frazionato tra posizioni talmente divergenti da apparire addirittura antagoniste. Al punto che quando si legge sui giornali filomontiani che il premier ha un filo diretto con l’appartamento papale diventa quasi scontato fare della facile ironia sul fatto che proprio l’appartamento del Papa è stato il teatro recente della conflittualità e delle trame che agitano il Vaticano e la Chiesa. Il mondo cattolico, dunque, vive una crisi in tutto simile a quella generale. Con un Papa anziano e con le solite lotte di potere che si determinano quando, nelle fasi di decadenza, si apre la battaglia per la successione al Soglio di San Pietro.

Di unità politica dei cattolici, dunque, se ne riparlerà in una stagione diversa. E non sarà Monti l’uomo che potrà compiere questo miracolo. Questa conclusione avrà sicuramente un effetto numerico sulla campagna elettorale del Professore. Nel senso che alla lista del presidente del Consiglio mancheranno sicuramente dei voti che venivano considerati già per acquisiti. Ma la sua conseguenza maggiore riguarderà il modo con cui il corpo elettorale percepirà la natura della lista centrista di di Mario Monti. Con l’apporto ufficiale dei movimenti e delle associazioni cattoliche la “creatura” montiana avrebbe potuto presentarsi come l’espressione di un’ampia fetta della società civile del paese.  Almeno di quella erede della grande tradizione interclassista del vecchio partito che oltre all’unità politica dei cattolici aveva rappresentato anche la maggioranza moderata degli italiani. Senza quell’apporto la percezione popolare della lista Monti diventa totalmente diversa.

Ed assume l’aspetto non solo e non tanto della zattera di salvataggio dei residuati politici della Prima Repubblica (Casini e Fini), quanto di quel tipo di nomenklatura burocratico-parassitaria che è riuscita nell’impresa di galleggiare in qualsiasi situazione politica conservando un potere a cui non vuole in ogni caso rinunciare. Agli occhi dell’elettorato, dunque, si scrive Monti ma si legge “casta”. Che non è solo quella dei vecchi politici alla disperata ricerca del posto in Parlamento ma che è anche e soprattutto quella degli alti burocrati e di un notabilato inamovibile che oltre ad aver avuto la sua parte di responsabilità nella determinazione del debito pubblico e della crisi attuale ha sempre costituito un freno insormontabile a qualsiasi progetto di riforma. Monti, che di questa casta ha sempre fatto parte e che non ha un rapporto effettivo con la realtà del paese, non può rendersi neppure conto di questa percezione popolare. Anzi, con ogni probabilità è anche soddisfatto di rappresentare i notabili ed i burocrati e di non avere rapporto alcuno con tutti gli altri considerati dei volgari populisti. Ma questa irrealtà, resa evidente della circostanza che la vera campagna elettorale del Professore è quella che viene fatta sbandierando sotto gli occhi degli italiani la minaccia di un redditometro autoritario e demenziale, non sarà senza conseguenze. Dopo il Saragat dei tempi passati avremo anche un Monti a prendersela dopo le elezioni con “il destino cinico e baro”.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:15