Anno nuovo, squallore vecchio

Anno nuovo, solite desolazioni in campo politico. Lo spettacolo continua ad essere indecoroso, nonostante il brividino della "salita" in campo di Monti. Pdl e Lega si sono appena ri-alleati e non hanno uno straccio di accordo nemmeno sul candidato premier. Figuriamoci sul resto... Berlusconi fa l'ennesimo passo indietro (o di lato, o giravolta, come preferite) e torna a candidare Alfano, mentre Maroni candida Tremonti (ma le primarie no, eh?). La scelta è rinviata a dopo il voto, perché per ora basta indicare il "capo della coalizione" (escamotage consentito dalla legge elettorale). Se quello sul candidato premier è solo un pour parler è perché sanno bene di non poter vincere le elezioni.

Ma appunto, dare agli elettori la sensazione di non credere nemmeno loro nella vittoria, tanto da non sentire l'urgenza di accordarsi sin d'ora sulla premiership, non è certo un segnale incoraggiante. Anche perché per qualcuno ritrovarsi con Tremonti piuttosto che Alfano, o chissà chi, a Palazzo Chigi potrebbe fare una certa differenza... E che addirittura rispunti il nome di Tremonti è l'ulteriore dimostrazione che non hanno capito proprio nulla del fallimento della precedente esperienza di governo. Dall'altra parte troviamo il comunista Vendola che non si accontenta di far piangere i ricchi - no, devono proprio andarsene «al diavolo» - e il Pd a caccia di personalità di spicco della cosiddetta "società civile", secondo la vecchia pratica degli "indipendenti di sinistra", per rafforzare il suo profilo di governo e dare alle proprie liste una lucidata di competenza. E questi ben contenti di farsi reclutare: un posto assicurato in Parlamento val bene qualsiasi salto della quaglia - politico e professionale. Così l'ex direttore generale di Confindustria Giampaolo Galli dopo aver sottoscritto il manifesto di Giannino accetta di fare il Calearo del 2013, mentre l'economista Carlo Dell'Aringa sarà il nuovo Ichino.

Come andrà a finire è già scritto: isolati ma felici. Non potevano mancare, poi, il giornalista (Massimo Mucchetti, e forse anche Severgnini) e il magistrato (Pietro Grasso). E Monti? Tutto, o quasi, avrebbe potuto fare il professore entrando in politica. E invece sulla scheda per la Camera troveremo associati al simbolo che porta il suo cognome quelli di Casini e Fini. Ha scelto un'operazione centrista, neo-democristiana di rito moroteo, cioè destinata a guardare a sinistra dopo il voto, offrendosi come zattera di salvataggio per il duo Casini-Fini. Altro che scelta civica, una scelta cinica, con un'agenda che più che un programma elettorale o un manifesto politico somiglia ad una lezioncina per l'apertura dell'anno accademico.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:39