Monti è la Repubblica degli ottimati

Ma da dove viene quel quindici per cento di consensi che i sondaggisti attribuiscono alla coalizione formata dalla lista civica e dai partiti che fanno riferimento a Mario Monti? La domanda assume una importanza particolare alla luce di una doppia considerazione che viene fatta dagli stessi sondaggisti. La prima è che i consensi indirizzati verso Monti verrebbero dai delusi del Pd e del Pdl. La seconda è che, a dispetto di questa presunta emorragia di voti, sia il Pd che il Pdl risulterebbero in crescita. Con il partito di Bersani ormai attestato oltre il trenta per cento ed il partito di Berlusconi impegnato in una inaspettata risalita partita dal basso del 15- 16 per cento ed arrivata, a campagna elettorale ancora non formalmente iniziata, intorno al 20 per cento. L’evidente contraddizione tra Monti che drena i delusi del Pd e del Pdl e Bersani e Berlusconi (soprattutto quest’ultimo) che vengono dati in crescita, ha una spiegazione di natura numerica evidente. Monti conquista i delusi del centrodestra e del centrosinistra che si erano già allontanati dai partiti votati in precedenza e si erano collocati in quell’area dell’astensione che era stimata oltre il quaranta per cento degli elettori.

Monti, Bersani e Berlusconi, quindi, crescono non perché si strappano consensi l’uno con l’altro ma perché, ognuno per la propria parte, recupera fette di astensionismo. Nessuno è in grado di prevedere quanto ognuno dei tre leader riuscirà a pescare nel bacino dell’astensione. Con ogni probabilità i margini di recupero di Bersani, che ha già fatto il pieno con le primarie, sono inferiori a quelli di Berlusconi, che è ancora all’inizio della sua campagna e dello stesso Monti, che è favorito dalla carica istituzionale e dal sostegno acritico dei grandi media. Ma ciò che invece è assolutamente certa è la radicale differenza del messaggio con cui Bersani e Berlusconi da una parte e Monti dall’altra cercano di conquistare consensi tra la grande massa dei delusi e degli incerti. Pd e Pdl puntano sulla contrapposizione politica e culturale dei rispettivi schieramenti, sulla differenza antropologica tra i leader in campo e sulla diversità tra le varie anime che compongono le due coalizioni. Bersani e Berlusconi, in altri termini, puntano sul tradizionale schema bipolare. Quello che ha dominato la scena politica della Seconda Repubblica e che è fondato sulla contrapposizione tra partiti ed aree politiche alternative che però condividono la regola dell’alternanza democratica alla guida del paese. 

Monti, invece, punta su uno schema esattamente opposto. Che non è quello dei suoi alleati nostalgici del centrismo democristiano della Prima Repubblica ma che è ispirato ad una visione, per la verità abbastanza confusa, di una Terza Repubblica fondata non solo sul superamento del bipolarismo ma sul superamento dello stesso sistema dei partiti. Monti, in altri termini, cerca di conquistare consensi nell’area dell’astensione lanciando un messaggio di antipolitica che propone di ridurre il ruolo dei partiti nella democrazia italiana (a partire da quelli della sua stessa coalizione che mortifica con richieste destinate in altri tempi ad essere definite di stampo bonapartista) e prospetta la necessità di creare una Terza Repubblica in cui le  forze politiche tradizionali vengano progressivamente sostituite non da tutti i corpi intermedi della società nazionale (neo-corporativismo) ma solo da quelli che per censo, ruolo e potere possono permettersi di fare a meno di qualsiasi investitura popolare. Non è un caso che una parte dei consensi attribuiti a Monti, secondo i sondaggisti, provenga dall’area dei simpatizzanti di Beppe Grillo. Perché il vero sostenitore dell’antipolitica non è il comico genovese ma il professore della Bocconi. Che propone di liquidare la Repubblica dei partiti e di sostituirla con la Repubblica degli ottimati. Purché, ovviamente, scelti da lui!

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:12