Mario Monti, disegno autoritario

La scusa è che Monti sia un politico ancora in rodaggio e che stia pagando il suo noviziato nella campagna elettorale compiendo errori comportamentali e lessicali (le richieste di silenziamento di Fassina e Vendola e le sgradevoli allusioni alla statura di Brunetta) che saranno corretti non appena avrà terminato il suo corso accelerato di recluta politica. La verità è completamente diversa. Ed è grave che non venga rilevata con l’intensità e l’attenzione che merita. Perché questa disattenzione o sottovalutazione rendaono ancora più pesante il pericolo che grava sul nostro paese. La verità, infatti, non è che con la sua altezzosa aggressività Monti stia pagando un qualche prezzo alla propria iniziazione alla politica. È, al contrario, che l’attuale presidente del Consiglio la fase della iniziazione l’ha esaurita da tempo immemorabile. E che ora non sta facendo altro che manifestare con tutta chiarezza la sua reale natura di politico fin troppo navigato e, soprattutto, ben deciso a portare avanti con il proprio stile personale fatto di aggressività e presunzione il suo progetto di passaggio dalla Seconda alla Terza Repubblica.

Altro che rodaggio e corso d’addestramento recluta! Monti usa il proprio ruolo di Capo del governo, il sostegno dei grandi media del paese e la copertura del Quirinale e di alcune cancellerie europee per spezzare lo schema bipolare della Seconda Repubblica e realizzare uno schema tripolare in cui il centro rappresentato da se stesso e dai mini-partiti della sua coalizione possa diventare l’asse politico del paese. Lo fa con abilità ed energia. E, soprattutto, con una ferrea determinazione e con l’aggressività e la violenza necessarie a far saltare un meccanismo favorito da una legge elettorale di impianto bipolare ed in funzione da una ventina d’anni. La sua, in sostanza, è una battaglia. Non c’è affatto da stupirsi se la combatte con tutte le armi a sua disposizione e con l’arroganza di chi sa di avere alle spalle protezioni talmente alte ed inattaccabili da sfidare il parere basso ed aggirabile del corpo elettorale.

Lo stupore e la preoccupazione, semmai, dovrebbero scattare nel momento in cui appare fin troppo evidente che la battaglia di Monti resa ad archiviare la seconda Repubblica bipolare non è diretta alla realizzazione di una Terza Repubblica fondata su regole democratiche e sulla volontà popolare ma è tesa a dare una risposta di tipo autoritario alle difficoltà ed ai problemi posti dalla grande crisi. Monti non è un politico tradizionale. È un politico anomalo, che deve la sua prestigiosa carriera non all’applicazione delle regole della democrazia ma al sistema della designazione e della cooptazione dirigista. È da sempre un nominato che non è mai stato eletto e che anche alle prossime elezioni non sarà direttamente candidato.

Questa particolare condizione, unita ad una esasperata convinzione della propria superiorità intellettuale e morale ed alle circostanze che lo hanno trasformato nel terminale dei grandi poteri nazionali ed internazionali, lo spingono a concepire la Terza Repubblica destinata a sorgere dalle ceneri della Seconda sulla base di un modello rigidamente elitario e poco democratico. Non si tratta di un modello innovativo. Per uscire dalla crisi del ‘29 i paesi di minore tradizione democratica scelsero la scorciatoia dei sistemi autoritari o semi-autoritari. Per uscire dalla crisi dell’inizio del terzo millennio i poteri forti interni ed internazionali di cui Monti è il terminale sembrano aver scelto per il nostro paese una analoga scorciatoia. Quella che dovrebbe sostituire al leaderismo della Seconda Repubblica il cesarismo dell’uomo solo al comando non per volontà popolare ma per superiore designazione. L’Agenda Monti, quindi, nasconde un rischio. Che è quello di finire dalla brace dell’ingovernabilità alla padella della democrazia autoritaria.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:36