Il nuovo anno come il vecchio: nuove tasse

Continua a non appassionarmi un dibattito politico che sembra occuparsi delle solite questioni di lana caprina. In particolare, dopo il fallimento di un bipolarismo fondato sull’alternanza del nulla, ritorna in auge tutto l’antico armamentario di illusioni di stampo politicista. 

Così come all’indomani del collasso della cosiddetta prima Repubblica, anche adesso si nota un grande affannarsi per riempire di foglie e di fico e di etichette taroccate un panorama politico a mio avviso desolante. Così come desolante appare la condizione sociale ed economica del paese in questo inizio di 2013. Tra chi si aggrappa a qualunque elemento che possa risultare “nuovo” agli occhi dell’elettorato e chi a ciò abbina i soliti ingredienti dell’onestà autocertificata, lo spettacolo risulta assolutamente deprimente. Persino la sinistra cultura  della forca e delle manette, lontana erede di antiche suggestioni ghigliottinesche, appare in grande spolvero, con una impressionante proliferazione di magistrati “prestati” alla politica. 

Per non parlare dei continui appelli e riferimenti all’Europa - vera levatrice di ogni parto elettorale - al popolo dei moderati, a quello dei lavoratori, dei precari, dei delusi, degli incazzati, degli indignati, dei patrioti, dei federalisti e chi più ne ha più ne metta. Ma in tutto questo bailamme di sigle e di offerte di rappresentanza non si riesce a scorgere, se non tra i vessilli di chi è purtroppo accreditato di uno zero e qualcosa, una proposta autenticamente liberale. 

Evidentemente, lo sputtanamento operato (a sinistra con la falsa propaganda e a destra con le mancate riforme) dal sistema politico nel suo complesso ai danni di quest’ultima visione ha decisamente funzionato. Tanto è vero che, accantonata l’idea liberale di risolvere la crisi attraverso una riduzione del peso dello Stato nella società, oramai è passato il concetto secondo cui esiste una sola forma di rigore; quello delle tasse. Ed è proprio a colpi di ulteriori nuove tasse che si è aperto il nuovo anno, esattamente per consentire ad un sistema affetto da un eccesso evidente di spesa pubblica di continuare a distribuire immense risorse. D’altro canto l’ha detto pure il Papa che la madre di tutti i problemi è la disuguaglianza, ovviamente intesa sul piano economico. 

E allora giù programmi mirati a puntellare il sogno europeo con ulteriori spremiture fiscali. Infatti, ecco che all’orizzonte ci appaiono la Tares - micidiale tassa che sostituirà in peggio il precedente tributo sulla raccolta e lo smaltimento dei rifiuti - e l’aumento dell’Iva di un altro micidiale punto. Ma per una “rinnovata” classe politica queste sono pure sciocchezze. Da quando si è scoperto che l’Italia può funzionare come un bancomat per coprire ogni ammanco non ci sono più problemi. Spingere il pulsante della fiscalità è diventato un gioco da ragazzi. Solo che l’artefice di questa macchina infernale si è dimenticato di inserire la leva della crescita economica. Ma come si suol dire, la perfezione non è di questo mondo. Poveri noi.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:48