Non è solo una Lista Merkel quella con cui il presidente del Consiglio, Mario Monti, conta di presentarsi alle prossime elezioni. E non è neppure una lista solo di “vecchie glorie” del professionismo politico e para-imprenditoriale quella con cui il “tecnico” per eccellenza conta di effettuare la metamorfosi in demiurgo politico. A ben guardare c’è un terzo modo di definire l’operazione che Monti si accinge a realizzare accogliendo le sollecitazioni della Cancelliera tedesca, dei capi dei cespugli centristi come Casini, Fini, e Pisanu e degli eterni mediatori tra economia, finanza e politica come Montezemolo. La terza targa della lista montiana è quella della Cei e del suo presidente Cardinal Bagnasco. Che ha messo a disposizione del presidente del Consiglio quella parte del mondo cattolico italiano rappresentata dal Riccardi della Comunità di Sant’Egidio, dal Bonanni della Cisl, dall’Olivero delle Acli e da alcuni pezzi di Comunione e Liberazione che cercano di salvarsi dal crollo del modello Lombardia che avevano sostenuto per un paio di decenni. È bene identificare le tre componenti della lista Monti non per poter lanciare una qualche polemica. Ma per capire fin da ora, cioè da prima ancora che la lista sia stata presentata ufficialmente, quale sia lo schema con cui i montiani intendano giocare la partita elettorale e quale l’obbiettivo di fondo verso cui siano proiettati.
Lo schema è quello del Cardinale Bagnasco. Cioè di quei cattolici progressisti che nel nostro paese dai tempi del Concilio Vaticano II vanno testardamente perseguendo l’alleanza storia ed irreversibile tra loro stessi ed una sinistra verso cui nutrono da sempre una singolare sudditanza politica e culturale. Secondo questo schema, quindi, il compito della lista Monti è di creare le condizioni per realizzare il ritorno all’eterno centrosinistra della Prima Repubblica. Con Monti destinato ad allearsi comunque con il certo trionfatore Bersani. Ed a farlo in condizioni migliori di quanto potrebbero fare i poveri “cespugli” centristi se fossero abbandonati a se stessi ed ai loro vecchi leader squalificati. L’obbiettivo realistico degli strateghi cattolici-progressisti, quindi, è di creare un centro sufficientemente forte per poter trattare (non in condizione di servitù come farebbero i Casini ed i Montezemolo) con un Pd sicuro vincitore delle prossime elezioni.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:06