Le sentenze e l’ipocrisia della politica

Le sentenze che si rispettano? Quelle che riguardano il nemico politico. La demagogia? Quella degli altri. Anche l’Italia seriosa e sobria di Monti e del “dopo di lui il diluvio” non riesce a uscire fuori da questa malafede e disonestà intellettuale che ha fatto parte della lotta, o della guerra, ideologica di tutto lo scorso secolo. Due esempi illuminanti saltano agli occhi. 

Il primo: il 15 dicembre a piazza Farnese tutti coloro che hanno deciso di “non rispettare” la recente sentenza della Corte costituzionale sul conflitto di poteri sorto tra Napolitano e la procura di Palermo, soprattutto Ingroia, si riuniranno in una simpatica manifestazione, promossa con l’effigie di Falcone e Borsellino e con la benedizione del fratello di quest’ultimo come timbro di conformità, dal titolo che è tutto un programma, “Contro una sentenza in-consulta, noi sappiamo”. Con buona pace del povero PPP, cioè Pier Paolo Pasolini, che se mai avesse potuto immaginare quante cause sbagliate si sono riparate dietro la sua boutade letteraria sicuramente se la sarebbe rimangiata un attimo prima di morire.

Il secondo: ieri Silvana Mura, deputata dell’Idv e già tesoriera del partito di Di Pietro, si lanciava, intervistata ad hoc sul Fatto, in un’intemerata contro il collega di partito Franco Barbato (titolo: “Meglio Cicchitto che Barbato”), lamentandosi dei toni dipietristi, coerenti, della persona in oggetto, perché teme di perdere il proprio gruppo parlamentare alla Camera che sopravvive, avendo meno di 20 deputati, solo perché Fini chiude un occhio. Come in molti ne hanno chiusi due sulla storia della casa di Montecarlo. Ma la Mura accredita, anche, una nobile motivazione: «Se il gruppo muore i ragazzi che lavorano per noi perdono il posto dalla sera alla mattina». Capito che cuore di mamma? Mica sarà interessata per caso al fatto che il gruppo potrebbe perdere i finanziamenti o che l’Idv, non avendone più uno autonomo, sia obbligata come un Partito radicale qualsiasi, o come la Destra di Storace, a raccogliersi le firme per presentarsi alla Camera? Non sia mai. Chi conosce chi scrive sa quanto ami la demagogia leghista (adesso Borghezio se la prende persino con gli extraterrestri visto che con gli extracomunitari non funziona più) o quella che ha distrutto il Pdl. Ma la domanda a quelli del “Fatto”, a Padellaro, Salvatore Borsellino, la Mura e persino Ingroia, è semplice: se si usano gli stessi metodi di coloro che criticate perché mai la gente dovrebbe ritenervi più credibili? Le sentenze che si rispettano sono solo quelle che danneggiano l’avversario? La demagogia è solo quella di Berlusconi? Se almeno si avesse il coraggio di rispondere affermativamente senza nascondersi dietro un dito, dietro la stampa estera, dietro lo spread, dietro l’amor di patria o la carità della stessa, già staremmo un pezzo avanti. Ma il problema è che non c’è neanche questa onestà intellettuale da Marchese de Grillo («io so’ io e voi...»). No, la sinistra pretende di imporre la propria visione ideologica spesso distorta come verità rivelata. La Consulta è un’istituzione ma se non accontenta i nostri desiderata si scende in piazza come contro un Berlusconi qualsiasi. L’ipocrisia deve essere bandita dalla politica, ma se si deve salvare la baracca di Di Pietro allora l’assunto non vale. Comportandosi così non c’è il problema dell’anti-politica. Ad essere “anti se stessa” la politica ci pensa benissimo da sola

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:35