Raccontano le storie del calcio che Silvio Piola giocò fino alla soglia dei quarant’anni. Con l’età era diventato più lento e meno potente. Ma bastava il suo nome per mettere in ansia le difese delle squadre avversarie. Perché la classe non era affatto scomparsa e tutti sapevano che gli sarebbe bastato un solo guizzo per far vincere la partita alla propria squadra e giustificare la presenza in campo.
Per il Pdl, Silvio Berlusconi è l’equivalente di Silvio Piola. Sarà pure diventato più lento, meno potente di prima. Ma lasciare in panchina un talento puro delle campagne elettorali come il Cavaliere sarebbe un atto di autolesionismo. O va relegato in tribuna dopo avergli tolto la divisa ed avergli imposto di mettere gli scarpini al chiodo. Oppure gioca e costringe la squadra avversaria a concentrarsi su di lui nel tentativo di scongiurare il famoso guizzo del campione in grado di risolvere la partita o ribaltarne il risultato. Il Pdl, quindi, sarebbe autolesionista se non decidesse di puntare ancora una volta sul suo fondatore. Perché, malgrado l’appannamento e le infinite campagne di denigrazione subite ed ancora in corso, rappresenta ancora una speranza ed un punto di riferimento per quella parte dell’elettorato di centrodestra che non vuole arrendersi alla prospettiva di consegnare il paese ad una sinistra fatta di gente che saluta la vittoria di Bersani alle primarie con il pugno chiuso della vecchia tradizione comunista.
Esiste nel Pdl una alternativa al vecchio campione? Se ci fosse stata, sarebbe spuntata in questi ultimi mesi di passo indietro berlusconiano e di tormento interno dei quadri dirigenti del partito. Ma l’alternativa non è spuntata. Non solo in veste di leader nuovo. Ma soprattutto in veste di linea politica innovativa. Chi pensava che al berlusconismo vecchio stampo si sarebbe dovuta sostituire l’alleanza ad ogni costo con i centristi ex-democristiani e finiani, è rimasto al palo. La prospettiva di dare vita insieme all’Udc ed agli altri cespugli centristi il Ppe italiano, scaricando gli ex-An e i liberali storici ex-Forza Italia, è miseramente naufragata. Perché Casini è ammalato di tattica, Fini è la zavorra di qualsiasi progetto politico, Montezemolo non corre, i cespugli di area cattolica hanno già deciso di saltare sul carro del vincitore bersaniano e , soprattutto, gli elettori hanno già condannato un esperimento che non sa proporre...
nulla al paese e punta solo a conservare le poltrone a pochi e privilegiati vecchi professionisti della politica. Rimane, allora, solo Berlusconi. Che sarà pure stanco, appesantito, subissato di aggressioni ed azzoppato dai media dei poteri avversi e dalla magistratura politicizzata. Ma che rappresenta sempre il bipolarismo. E, in quanto espressione vivente del sistema dell’alternanza democratica, diventa il punto di riferimento naturale di quella parte dell’elettorato del centrodestra che non vuole arrendersi all’idea di consegnare il paese al duo Bersani-Vendola, espressione della sinistra più retriva e conservatrice.
Più che resistere all’idea di rivedere il Cavaliere in campo, quindi, il Pdl deve affrettarsi a rimettere la squadra al servizio del vecchio campione e della logica bipolare. Perché è vero che Berlusconi può essere convincente solo nei confronti del vecchio elettorato di centrodestra (un elettorato che però era maggioritario nel paese). Ma è altrettanto vero che, se la squadra del Pdl si preparasse a dovere, potrebbe puntare ad intercettare quella parte della società italiana che avrebbe votato per Renzi in nome del cambiamento e della novità, che non vuole i pugni chiusi di Bersani e Vendola e che rifugge dalla protesta sterile e guittesca di Beppe Grillo. Proposito irrealistico? Anche nel ‘94 lo era. E diventò incredibilmente reale.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:05