Italia e sinistra in mano ai violenti

Una parte dei manifestanti che hanno dato vita agli incidenti dei giorni scorsi a Roma, a Torino ed in parecchie altre città italiane parteciperà alle prossime elezioni politiche votando per i partiti della sinistra italiana. Per tutti. E non solo per Sel di Nichi Vendola o per i neo–comunisti di Oliviero Diliberto che hanno deciso di non disertare le primarie del Pd e di votare per Pierluigi Bersani. Questi manifestanti non sono stati solo gli studenti che hanno ripetuto il rito ormai ricorrente da quarant’anni a questa parte dell’apertura dell’anno scolastico con i cortei e le violenze di piazza. Questo tipo di protesta, che serve quasi a segnare l’ingresso nella vita pubblica del paese degli adolescenti italiani, ha rappresentato solo un aspetto minoritario, se vogliamo ormai fisiologico e folcloristico, del fenomeno. La massa più consistente dei manifestanti è risultata essere formata da chi vuole contestare da sinistra la linea politica del governo Monti, da chi chiede la fine dell’austerità e dei sacrifici imposti dai tecnici, da chi chiede un nuovo governo che porti avanti quelle politiche dichiaratamente e squisitamente di sinistra che dovrebbero, attraverso l’aumentata presenza dello stato, provocare l’uscita della società italiana dalla crisi che l’attanaglia. E non basta. La massa maggioritaria dei manifestanti e dei violenti (se i primi non impediscono le intemperanze dei secondi sono corresponsabili di chi si diletta in guerriglia urbana) si è anche caratterizzata nell’approfittare dello sciamare nelle stradine del vecchio ghetto romano per insultare gli ebrei che vi abitano ed inneggiare a Saddam ed all’antisemitismo fondamentalista islamico.

Tutta questa gente, in altri termini, ha voluto dare un segnale politico preciso nel dimostrare che la sinistra antagonista ed estremista è più viva che mai e che sarà decisiva e condizionante nelle prossime elezioni politiche. Non si è trattato di un segnale isolato. È facile prevedere che fino al momento delle elezioni le occasioni per lanciare segnali del genere si moltiplicheranno in maniera esponenziale. Perché questo tipo di sinistra sente sul collo il fiato caldo della concorrenza elettorale di Beppe Grillo e pensa di poterlo ridurre o eliminare solo raddoppiando e radicalizzando al massimo il proprio estremismo. Non a caso la Cgil, che sostiene massicciamente Bersani nelle primarie del Pd, ha lanciato un appello alla Cisl ed alla Uil ed alle altre organizzazioni sindacali per scendere in piazza e protestare contro il governo Monti (quello stesso appoggiato dal Pd). Poco male se Pierluigi Bersani fosse disposto a fare a meno di queste componenti estremiste nel combattere prima la battaglia delle primarie e poi quella delle politiche. Ma il segretario del Pd non può permettersi in alcun modo di tenere fuori dalla porte del proprio schieramento gli eredi del vecchio massimalismo. A partire dal sindacato della Camusso. Senza di loro rischia di perdere la partita con Matteo Renzi e, soprattutto, quella per conquistare il diritto di ricevere dalle mani di Giorgio Napolitano l’incarico di formare il prossimo governo.

Di fatto, quindi, visto che lo sfaldamento del centrodestra sembra lanciare la sinistra verso la vittoria elettorale, si deve necessariamente pronosticare che la sorte del paese finirà nelle mani dei violenti, degli estremisti, di chi è fermo a miti rivoluzionari che risalgono non alla metà del secolo scorso ma alla fine di quello precedente.

Ci si può rassegnare di fronte a questo fato apparentemente ineluttabile? Il tempo per reagire è poco. Ma c’è. Si fa ancora in tempo ad evitare il disastro!

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:06