Giorgio Napolitano ha affermato nei giorni scorsi che l’unico modo per uscire dalla crisi è rappresentato dalla riduzione progressiva di quote della nostra sovranità nazionale a beneficio delle istituzioni europee. E le sue parole sono state immediatamente salutate dalla solida dose di applausi in nome di quell’europeismo di cui il nostro Presidente della Repubblica è il più autorevole sostenitore ed al quale la stragrande maggioranza degli italiani sembra aver dato la sua totale e convinta adesione. A poca distanza da Napolitano il presidente francese Hollande ha proposto l’istituzione di una Unione Europea a due velocità. Cioè ha ribadito che la Francia, gaullista o socialista che sia, non non tende rinunciare alla propria sovranità nazionale a beneficio di una istituzione europea a cui crede talmente poco da proporre di rottamare quella attualmente esistente che pure non prevede alcuna forma di effettiva unità politica e che prende il nome di Unione europea.
Le parole di Hollande, che pure vanno considerate come una implicita bocciatura di quelle di Napolitano, non hanno suscitato né applausi, né critiche. I commentatori ed i politici italiani le hanno tranquillamente e bellamente ignorate ed hanno preferito riversare la loro appassionata e totale attenzione alle sparate di Matteo Renzi, alla pompa di benzina di Pierluigi Bersani, alla traversata a nuoto dello stretto di Beppe Grillo , naturalmente, all’anatema contro il peccatore lombardo Formigoni ed alle passeggiate tra i negozi di via della Spiga della governatrice del Lazio Renata Polverini. Nessuno, naturalmente, chiede ai politici ed ai commentatori di essere conseguenti con gli applausi riservati nelle settimane passate all’europeismo di Napolitano contestando la bocciatura dell’attuale Ue da parte di Hollande. Da noi gli applausi sono come i mezzi sigari di una volta: non si negano a nessuno. Figuriamoci poi se si possono negare ad un Presidente della Repubblica a cui è stata riservata l’incredibile sorte della beatificazione politica in vita!
È bene, però, qualcuno incominci a chiedersi con quale Europa sarà possibile uscire dalla crisi in cui versa il nostro paese visto che la vulgata generale stabilisce che senza Europa non si passa la nottata della recessione. Su chi appuntare le speranze di salvezza, allora? All’Europa che non c’è di Giorgio Napolitano? A quella che dovrebbe assumere quote di sovranità nazionale del nostro paese ma che non ha istituzioni in grado di svolgere il ruolo sovranazionale a cui fa riferimento il nostro Capo dello Stato? Oppure all’Europa che non ci sarà mai di Hollande? A quella che non riuscirà mai ad ottenere una, sia pur minima, quota di sovranità nazionale francese e che al momento non sembra in grado di perseguire alcun interesse generale se non quello di una Cancelliera Merkel condizionata dalle esigenze elettoralistiche di casa propria?
Siamo tutti d’accordo nel preferire all’Europa che non c’è di Napolitano ed a quella che non ci sarà mai di Hollande il progetto avveniristico degli Stati Uniti d’Europa con Parlamento e governi dai cittadini del Vecchio Continente. Ma in attesa di un futuro che chissà quando si potrà mai realizzare non sarebbe il caso di preoccuparsi di perseguire, sia pure nel rispetto degli ideali europeisti, l’interesse nazionale del nostro paese? Cioè comportarsi né più, né meno di come fanno Hollande, Merkel, Cameron e compagnia bella rinviando la rinuncia della nostra sovranità a quando Francia, Germania e Gran Bretagna faranno altrettanto? Per costruire gli tati Uniti d’Europa ci vogliono stati sovrani, non subalterni.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:16