Il più acuto è Achille Occhetto, che di rottamazioni se ne intende per averle vissute sulla propria pelle. A proposito di D’Alema (ma anche di Veltroni) ha spiegato che le autorinunce dei big a rientrare in Parlamento nella prossima legislatura non sono degli atti di grande generosità nei confronti del popolo della sinistra ma gesti di furbizia tattica che servono a dare sostegno alla difesa di Pierluigi Bersani contro gli affondi di Renzi ed a garantire loro un posto di ministro nel futuro governo dell’attuale segretario del Pd. Insomma, secondo Occhetto, non siamo al promoveatur ut amoveatur ma al suo contrario. D’Alema e Veltroni escono dal Parlamento per entrare direttamente al governo. Si tratta di un cattivo pensiero di un rottamato che non ha digerito la propria giubilazione? Può essere. Ma può essere anche il contrario. Visto che ormai chi frequenta da anni Camera e Senato si è reso perfettamente conto che la politica non abita più nelle aule parlamentari ma si è spostata in quelle del governo.
A dispetto di una Costituzione formale che dice il contrario e non si è accorta che , sempre sul piano della politica attiva, Montecitorio equivale ad una bocciofila e Palazzo Madama ad un centro anziani. Il cattivo pensiero di Occhetto, comunque, rivela che a sinistra qualcuno ragiona ancora in termini politici. E a destra? Esiste un fenomeno analogo sul versante opposto? Su versante dove Daniela Santanché ha deciso di vestire i panni della rottamatrice totale e dove nessuno dei big ha deciso di autorottamarsi visto che per loro non c’è alcun posto di governo in vista? Se si confrontano le due situazioni non si può fare a meno di concludere che da un lato il tema di chi conta è quale ministero concordare con Bersani in cambio della propria finta uscita di scena. Dall’altro l’interrogativo di fondo è come salvare la pelle. Affrettandosi, come fanno la Santanché e le altre “veline” parlamentari del Pdl, a saltare sul carro della lista personale attribuita al Cavalire?
Oppure facendo quadrato attorno ad Alfano ed al ridotto di un Pdl rottamato dal suo stesso fondatore ? Quanto sta avvenendo sul versante del centro destra autorizza a pensare che la tragedia della fine della Prima repubblica si sta riproducendo sotto forma di farsa per la Seconda repubblica segnata dall’era berlusconiana. Ma questa considerazione non tiene conto che il crollo della Prima repubblica non impedì alla maggioranza moderata del paese di battere la gioiosa macchina da guerra post-comunista. E che il crollo ridicolo della Seconda non ha ancora spinto la maggioranza degli elettori del vecchio centro destra a cambiare la propria collocazione ed a riversarsi a sinistra. I delusi e gli incazzati aspettano, magari si buttano nell’astensione o nella protesta del momento. Ma non passano sul fronte opposto a sostenere Bersani e le sue furbe ed esperte vecchie glorie. Questa massa di elettori attende, come è avvenuto nel passato, l’Araba Fenice in grado di rinasce dalle ceneri del contenitore politico andato in fumo. E quando scoprirà il nuovo personaggio (o contenitore) in grado di rappresentarla politicamente non avrà alcuna esitazione a seguirlo. Come è sempre avvenuto nella storia dello stato unitario. Ma la Santanché e le “veline” parlamentari possono essere l’Araba Fenice dei moderati italiani?
Ed il vecchio gruppo dirigente del Pdl come può presentarsi come il nuovo soggetto politico dei moderati italiani se prima non si consuma del tutto? Insomma, se a sinistra qualcuno pensa ai ministeri, è bene che a destra qualcuno incominci a pensare all’opposizione. Dopo i tramonti, come dice Andreotti, si sono sempre le albe. Anche se le nottate sono dure da passare.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:06