Titolo V: il bancomat degli sprechi

Sulla spinosa questione della autonomia regionale, trasformata in una  sorta di irresponsabile bancomat dalla modifica del titolo V della Costituzione voluta 11 anni fa dal centro-sinistra, il governo ha presentato un provvedimento tardivo. Manca talmente poco alla fine della legislatura che appare quasi impossibile realizzare una rettifica alla nostra Carta di tale importanza. Ed è quindi assai probabile che alla fine la patata bollente di un parziale ritorno ad un centralismo statale,obbligato dai bilanci catastrofici di molte regioni, venga scaricata sulla maggioranza futura. Comunque sia, è il modo stesso con cui la citata autonomia è stata applicata un po' ovunque, non solo quindi al livello dei governi regionali, che costituisce una falla non solo per una spesa pubblica che nessuno riesce a contenere, ma anche nei confronti di quell'elementare buon senso che, evidentemente, continua a difettare all'interno di una classe politica sempre più orientata a spendere in modo dissennato i quattrini dei contribuenti. 

Come è stato infatti possibile concepire un sistema in cui l'ente che gestisce le risorse, la regione, se le vede in gran parte piovere dal cielo attraverso un prelievo fiscale in gran parte realizzato dallo Stato centrale? Ed è proprio questo il bancomat citato all'inizio; ovvero un meccanismo perverso fondato su una totale dicotomia tra chi spende e chi esercita il prelievo. Ciò svincola quasi completamente gli amministratori locali da quel tanto decantato controllo democratico, impedendo ai relativi cittadini  di mettere in relazione l'andamento contabile della regione con l'entità delle imposte versate ad hoc. Quindi accade che i dissesti finanziari di una miriade di enti, autonomi solo dal lato delle uscite, vengano poi spalmati su una fiscalità generale di cui non si comprendono le mille e più voci, ma solo l'insostenibile pesantezza.

 Ora, alla luce dell'impressionante incremento di spesa che gli stessi enti regionali hanno realizzato proprio negli ultimi 11 anni -cresciuta di quasi l'80% contro il 23% del tasso d'inflazione- , viene alla mente una semplice considerazione: o l'autonomia presuppone la responsabilità nei due sensi, entrate ed uscite, oppure è molto meglio per tutti tornare ad una forma molto più centralizzata nella gestione dei soldi pubblici. Soprattutto perchè all'interno di un sistema pervaso in ogni ambito dall'invadenza della politica, divenuta oramai ilrefugium peccatorumdegli avventurieri di ogni risma, l'attuale autonomia locale è servita sostanzialmente ad allargare la platea di chi prospera ed ottiene consenso con i soldi degli altri. E tutto questo, se permettete, con i nobili scopi del federalismo c'entra ben poco.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:30