Quanto ci manchi caro Enzo Tortora. Ogni volta che la tv di stato tenta di rievocarti provoca un incidente diplomatico con chi ti ha voluto bene come le tue figlie e i tuoi familiari. Ma a noi che abbiamo vissuto quegli anni terribili in cui la giustizia spettacolo iniziò a farsi le ossa sulla tua pelle, anche un serial televisivo di modesto respiro e con qualche scena commovente non può non farci ritornare in mente questa terribile mancanza che dal maggio 1988 si è andata facendo insopportabile anno dopo anno.
Prima di te ci mancava Pier Paolo Pasolini e la sua genialità cattolica e dissacrante, in una parola radicale. Poi ci sei mancato tu, con la tua battaglia per gli ultimi della terra, i carcerati che per alcuni mesi furono gli unici italiani che non ti voltarono le spalle. Con la fiction di Rai uno appena terminata, anche i radicali di Pannella finalmente sono entrati nell’immaginario dell’italiano medio con il loro giusto valore. Quello stesso italiano medio abituato a sentirseli descrivere come degli Anticristo anche ai tempi in cui ne eri presidente. Tu che dei Radicali sei stato il più amato e grande esponente politico della storia del partito, oggi ci manchi. Umanamente ma anche politicamente.
La giustizia italiana, penale e civile, che in Europa è considerata la feccia di tutto il continente, di un crimine soprattutto non potrà mai essere perdonata: averti tolto prima la libertà e la dignità e poi la vita. L’Italia da allora non si è più riavuta, non è mai più stata un paese civile. La nostra storia recente si divide in quello che era avvenuto prima e dopo il tuo caso giudiziario.
Da allora i partiti che agitano la forca, la demagogia, “la sicurezza”, hanno diritto di accesso nei parlamenti e nel cuore delle persone lasciate sole da quella canaglia che è stata la politica italiana.
Tu sei stato un raggio di luce liberale, e nessuno ha avuto ancora il coraggio di gettare il discredito e l’infamia su chi ti ha buttato in carcere per biechi motivi. Che secondo alcuni potrebbero addirittura essere legati alla copertura delle nefandezze del caso Cirillo e di quella trattativa che fu vera immondizia tra camorra, Brigate rosse ed ex Dc.
Troppa gente, troppi giornalisti sono nati ieri. Troppi di quelli che all’epoca brindavano per la tua condanna in primo grado oggi hanno fatto carriera. Troppi giudici che ti hanno distrutto la vita hanno a loro volta avuto un destino di immeritati successi. Ma noi che ti abbiamo conosciuto, anche superficialmente, come uomo e come politico radicale, non abbiamo dimenticato quei nomi, quegli orrori, quella protogenesi del pentitismo italiano e quei luoghi maledetti come la caserma Pastrengo.
Anche una modesta fiction ha l’effetto collaterale di rianimare la commozione nei nostri cuori e la rabbia nei nostri cervelli. Noi ricordiamo quel Melluso che dava interviste a settimanali scandalistici contro di te persino dopo la tua morte. Ricordiamo le sue ritrattazioni e le sue denunce non credute contro i magistrati dell’inchiesta. Solo un servizio pubblico disattento come il nostro poteva cadere nel ridicolo di fare sponsorizzare la miniserie di domenica e lunedì da una marca di calzature che porta il suo nome.
Gli insulti alla tua memoria forse non sono finiti, ma chi ti ha voluto bene quasi come a un padre non ti dimenticherà mai. Ogni 18 maggio celebriamo il tuo martirio e ogni 17 giugno ricordiamo la tua gogna giudiziaria e mediatica. Tu, Enzo Tortora, giusto della terra, ci manchi, come ci manca un paese libero e democratico, una politica con esponenti che non facciano schifo e uno stato di diritto degno di chiamarsi tale.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:31