La penosa vicenda che ha portato alle dimissioni della governatrice del Lazio Renata Polverini ha messo in fibrillazione l’intero sistema politico, scatenando l’ipocrita reazione dei soliti farisei della sinistra italiana, compresi i suoi fiancheggiatori mediatici. La tesi di questi moralisti caduti dal pero, che si richiama ancora ai fasti della diversità cromosimica del vecchio Partito comunista, è la seguente: occorre distinguere le responsabilità nello scandalo della Regione Lazio.
Chi ha incautamente “accettato” i soldi non può essere posto sullo stesso piano di chi dei medesimi soldi si è approfittato a piene mani. Il che tradotto starebbe a significare che lo scandalo non consiste nell’entità di tale finanziamento ma solo nell’uso distorto che qualcuno ne ha fatto. Così, ad esempio, si è sostanzialmente espresso l’ex ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, esponente di spicco del Partito democratico, nel corso de L’Infedele. Ma su questa linea interpretativa, per così dire, si sta muovendo all’unisono tutto il Pd. L’idea che quest’ultimo vuole dare all’esterno (coadiuvato in questo da alcuni servizi scandalosi mandati in onda dal Tg3, in cui sono stati evidenziati solo i passaggi in cui la Polverini, all’atto delle dimissioni, stigmatizzava il comportamento di alcuni suoi alleati, tagliando completamente i suoi pesanti rilievi all’indirizzo dell’opposizione) della sprecopoli laziale è quella di una formazione politica che molto ingenuamente ha visto piovere dal cielo questa manna di milioni da spendere e l’ha solo raccolta, in modo quasi del tutto inconsapevole.
Tuttavia, precisando in ogni angolo del Paese che loro tali quattrini li hanno spesi solo per attività politico-istituzionali, i compagni di Bersani tendono ad attribuire al Pdl ed ai suoi alleati ogni responsabilità politica e penale di questa ennesima storia di ordinario malcostume amministrativo.
In realtà le cose non stanno affatto nella maniera in cui la strumentale propaganda rossa vorrebbe darci a bere. Ed è sufficiente ricordare alcuni numeri incontrovertibili per smascherare una simile fandonia. Infatti, fino al 2010 l’appannaggio che con le famigerate manovre d’aula veniva concesso a tutti i gruppi consiliari del Lazio ammontava ad un milione di euro. Successivamente, attraverso una serie di provvedimenti ad hoc, questa somma è stata portata a ben 14 milioni.
Ora, ed occorre essere molto chiari su questo punto, i gruppi dell’opposizione non hanno solo “accettato” il malloppo, come sostiene testualmente il summenzionato Gentiloni, bensì hanno fatto qualcosa di ben più serio: hanno sempre votato all’unanimità insieme ai cattivoni della maggioranza un tale, stratosferico aumento dell’ennesimo privilegio di casta. Un privilegio che, vorrei ricordare, rientra in un desolante quadro di spesa regionale la quale, nel complesso, in soli 10 anni si è quasi raddoppiata, nostante l’inflazione abbia inciso solo per un 23%. Ciò dimostrebbe che, al di là del colore, ci troviamo all’interno di una crisi sistemica della politica e non, come tenderebbe a far accreditare la sinistra, ad un problema di semplice onestà e moralità della classe dirigente. La vera questione è legata proprio all’eccessiva invadenza della politica e della burocrazia nella società, la qual cosa determina un enorme flusso di danaro direttamente controllato dalla citata casta.
E pensare di eliminare gli enormi sperperi che si annidano al suo interno semplicemente selezionando una classe di probi ed onesti servitori del popolo, così come continua a proporre soprattutto la sinistra, rappresenta una pericolosissima illusione. Se non si affama la “bestia” pubblica, riducendone il perimetro, l’uso dissennato dei soldi degli altri è destinato a perpetuarsi all’infinito.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:34