Autonomie: la madre di tutte le riforme

Francesco Cossiga sosteneva che le regioni vennero realizzate non per rispettare l’impegno alle autonomie locali fissato dalla Costituzione ma per consentire al Partito comunista italiano, che non poteva andare al governo nazionale per via della conventio ad excludendum imposta dalla guerra fredda, di usufruire di una fetta consistente di potere locale nelle tradizionali zone “rosse” del paese. Il cosiddetto “regime democristiano”, quindi, non avrebbe applicato un principio ma colto una semplice opportunità politica.

Quella di consociare i comunisti nella gestione del potere sia pure riservando loro, almeno in una prima fase, lo spazio limitato delle regioni rosse. Il tutto, naturalmente, per costituzionalizzare una forza politica dichiaratamente anti-sistema ed assicurare al paese quella pace sociale e politica indispensabile per continuare a farlo crescere dopo la fase della ricostruzione e del miracolo economico. Secondo Cossiga, quindi, l’istituzione delle regioni sarebbe stata una furbata democristiana. Per dare al Pci un tozzo di potere locale e costringerlo a rinunciare alle sue velleità rivoluzionarie in cambio di un po’ di vita comoda e ben remunerata per i suoi dirigenti e militanti.

Può essere che la tesi dell’ex presidente della Repubblica fosse parziale, esagerata, forzata. Ma è un fatto che l’istituzione delle regioni, sia pure giustificata formalmente dalle ragioni nobili di un autonomismo che non aveva solo radici cattoliche ma anche laiche, si sia tradotta in una moltiplicazione incontrollata ed incontrollabile di centri di potere e di spesa a vantaggio, non solo del vecchio Pci e dei suoi eredi, ma di ogni formazione politica. L’antico centralismo dello stato non è stato minimamente cancellato, intaccato, ridimensionato. Al contrario, al centralismo romano si è aggiunto il centralismo regionale.

Con il risultato di dare vita ad uno stato burocratico dalle dimensioni gigantesche che ha svolto e svolge la funzione di ammortizzatore sociale di alcune generazioni della classe politica e delle sue masse di clientes. Fino a quando è stato possibile scaricare il costo sempre più elevato del baraccone sul debito pubblico, il gioco, che era nato per costituzionalizzare il Pci e dare stipendi sicuri ai quadri di tutti i partiti, ha funzionato. Ora che ricorrere al debito pubblico non è più possibile, perché il debito è diventato insostenibile ed alla crescita è subentrato il declino, il vizio d’origine torna prepotentemente alla luce. 

E, sulla scorta degli scandali a catena che scoppiano nelle regioni, diventa evidente che se si vuole avviare un percorso serio e concreto per portare il paese fuori dalla crisi si deve necessariamente affrontare il tema della riforma delle autonomie considerandolo prioritario come lo sono quelli della riforma istituzionale, fiscale, del lavoro e della giustizia. Chi pensa che l’operazione, proprio perché indispensabile, possa essere di facile realizzazione compie un errore marchiano. Anche se può sembrare assurdo, sarà più facile avviare una qualche riforma istituzionale, correggere il sistema fiscale, rivedere la riforma del lavoro e mettere mano finalmente al sistema giudiziario che pensare di ridisegnare in maniera razionale il sistema delle autonomie.

Perché toccare il regionalismo delle clientele e delle lottizzazioni significa toccare il nucleo centrale del partitismo canceroso che ha occupato e che minaccia di soffocare le istituzioni italiane. Le resistenze ad affrontare quella che di fatto è la madre di tutte le riforme sono già evidenti. Chi pensa che tutto si possa risolvere con qualche taglio agli sprechi all’insegna del moralismo dell’ultima ora vuole, in realtà, perpetuare il sistema. E chi, come il segretario del Pd Pierluigi Bersani, insiste sulla differenza tra regioni virtuose e regioni corrotte vuole, in realtà, conservare intatte le proprie clientele e le proprie fette di potere locale. 

Purtroppo, però, senza la riforma integrale delle autonomie dalla crisi non si esce. Né ora, né mai.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:13