Bondi, che c'azzecca il tifo per Obama?

Tanti anni di militanza nel centrodestra italiano hanno abituato tutti noi ad accettare molte cose e a ritenere di non vivere nel migliore dei mondi possibili. Ogni volta che sei convinto di aver superato ogni limite di pazienza arriva qualcuno in grado di spostare l’asticella un pochino più in alto.

Il personaggio del giorno si chiama Sandro Bondi e non è propriamente uno qualsiasi. E’ stato coordinatore nazionale di Forza Italia, ha ricoperto lo stesso ruolo nel Pdl, ha fatto il ministro della Cultura e poi è ritornato ad occuparsi del partito. Le sue opinioni, insomma, dovrebbero contare qualcosa e non possono certo essere derubricate a prese di posizioni singole o isolate.

Forse nostalgico dei giorni belli in cui ogni sua dichiarazione diventava un lancio di agenzia e poteva amabilmente commentare ogni cosa, nei giorni scorsi Bondi ha deciso di prendere posizione sulle elezioni americane. Il suo statement non lascia spazio a dubbi: «Rispetto alla scelta fra Romney e Obama – ha spiegato -  la mia preferenza, come cattolico e parlamentare del Pdl, va ad Obama». Non pago ha sentito il bisogno di aggiungere che Obama «interpreta a mio avviso una politica che, sulle questioni economiche e sociali nonché su quelle riguardanti i diritti civili e religiosi, punta a una crescita che tenga insieme tutta la società, non accentuando le disparità ma offrendo a tutti pari opportunità».

Lo dicevamo in premessa: in questi anni abbiamo sentito di tutto e inghiottito qualsiasi cosa la nostra classe ha cercato di propinarci. 

Quattro anni fa abbiamo assistito attoniti allo spellarsi di mani del centrodestra italiano per la discesa sulla terra di dio Barack. 

Gli allora deputati pidiellini Chiara Moroni e Fabio Granata fondarono addirittura un sito internet pdlperobama.com ed erano decine i deputati eletti nelle liste berlusconiane a credere che questo “community organizer” dell’Illinois avrebbe guidato il mondo libero fuori dalla crisi. Allora sorridemmo, sornioni. Un po’ infastiditi, però, perché chi sostiene di rappresentare il centrodestra e,  soprattutto, chi fa il parlamentare con i voti del centrodestra dovrebbe pensarci dieci volte prima di fare un endorsement per un candidato democratico che viene da Chicago.

Ma abbiamo provato a comprendere cosa passava per la loro testa: il primo presidente nero, certamente molto cool, giovane, bello. Ha tutto, pazienza se non è bravo.

Adesso però è quasi finito il primo mandato di questo signore e ci ritroviamo un’America più debole, meno  ricca, meno ottimista, con un debito pubblico ormai insostenibile. Gli americani, almeno una buona parte, iniziano a pensare che forse quella scelta non è stata la più felice possibile. I leader (o presunti tali) del Pdl invece insistono. Se quattro anni fa Bondi si è innamorato della “perla nera” (citazione tratta da una sua poesia dedicata al presidente americano)  e della sua immagine così travolgente, vorremmo capire cosa ci sarebbe da salvare di questi quattro anni di governo. Non è questione di lana caprina perché c’entra, moltissimo, con quello che il Pdl vorrà essere in futuro. 

Crediamo in una politica estera che, dal 2001 al 2006, ci ha portato ad essere mille volte al fianco degli Stati Uniti all’insegna di un rinnovato protagonismo del Patto atlantico e dell’interventismo democratico o crediamo nel pavido “leading from behind” di questo Presidente e dei suoi consiglieri? Crediamo che rovesciare il regime di Saddam Hussein sia stato un errore o che invece rappresenti un errore assistere inerti ai massacri siriani? 

Di più, da cattolico, Bondi pensa normale sostenere un candidato che nella versione originale della sua “piattaforma programmatica” fa togliere ogni riferimento alla parola “Dio”. Caro Sandro Bondi, credo ci sia un gigantesco malinteso. Questa America incarnata da Obama che a lei piace molto, semplicemente non è l’America. E’ una sua copia timida e sgualcita che assomiglia molto all’Europa socialdemocratica che quelli di centrodestra dovrebbero lottare per cambiare. Fosse vivo Ronald Reagan le direbbe soltanto un sibillino: «There you go again». Reagan e Thatcher, appunto. Siamo partiti ispirandoci a loro e siamo finiti sostenendo Obama. C’è qualcosa che non va in questo centrodestra e non siamo certo noi.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:38