Ryan non sarà Ayn Rand, eppure...

Paul Ryan allievo devoto di Ayn Rand? La filosofa ebrea russa, nata Alissa Rosenbaum, emigrata negli Usa per fuggire alla repressione sovietica e morta in America 30 anni fa, non avrebbe gradito il suo “allievo”. Prima di tutto perché Paul Ryan è cattolico e anti-abortista convinto, mentre la Rand era atea e notoriamente favorevole al diritto di abortire. Paul Ryan, inoltre, è un riformatore pragmatico. Non intende, neppure nel lungo periodo, ridurre lo Stato alle sole funzioni di difesa, ordine pubblico e giustizia (come prescritto dalla Rand), ma riformarlo per riassestare i conti pubblici.

Eppure il parallelo fra Paul Ryan e Ayn Rand, per quanto inopportuno, appare molto spesso e volentieri sulla stampa italiana. Massimo Gaggi, sul Corriere della Sera del 30 agosto dedica all’influenza della Rand un intero editoriale e attribuisce, indirettamente, alla sua filosofia liberista l’origine della crisi del 2008 (Fannie e Freddie, però, erano enti para-statali…). Molti altri quotidiani nazionali e online hanno improvvisamente scoperto la figura della Rosenbaum. Paul Ryan, si legge ovunque, avrebbe tratto ispirazione da “La Rivolta di Atlante”, il suo romanzo filosofico più celebre. Ma vuol dir poco: come lui, quasi tutti i sostenitori del libero mercato americani si dicono fans dello stesso romanzo.

E allora perché cercare un nesso, a tutti i costi, fra il vicepresidente e la compianta filosofa dell’oggettivismo? Perché l’oggettivismo è un “babau” per gran parte dei giornalisti ed editorialisti italiani. Lo si deduce dai toni e dagli argomenti che usano per sintetizzare quella filosofia. Leggiamo, infatti, su Famiglia Cristiana, in un commento a firma di Stefano Salimbeni, del 20 agosto scorso: «Ayn Rand, romanziera di origini russe, popolare tra i giovani e gli universitari, sostenitrice di un estremo e feroce darwinismo sociale che vede la povertà come il frutto di scelte personali sbagliate e dunque legittimamente punibile con politiche pubbliche che, in pratica, lasciano gli svantaggiati “cuocere nel loro brodo”». Federico Rampini, su La Repubblica del 24 agosto, sottolinea (giustamente) le differenze fra il conservatorismo religioso di Ryan e l’ateismo della Rand.

Ma quest’ultima è definita dallo stesso Rampini: «Sacerdotessa del liberismo economico» e qualche riga dopo «Profetessa del Dio-mercato». Etichette ingrate per una filosofa che era prima di tutto, “realista” e nemica di ogni utopia. Warsamé Dini Casali, etichetta Paul Ryan come un «devoto fedele della “sacerdotessa” del capitalismo selvaggio Ayn Rand». Secondo Domenico Maceri, su Altro Quotidiano il 19 agosto, scegliere Paul Ryan come vicepresidente vuol dire abbracciare «Il bilancio e la filosofia di Ayn Rand». E cioè? «Fondamentalmente Ryan ridurrebbe il bilancio tagliando fondi ai più poveri, riducendo Medicare e Medicaid, riducendo le tasse dei ricchi, rubando ai poveri per accontentare i benestanti».

Avete capito, allora, perché si cita, anche a sproposito, la Rand? Per gridare “al lupo!” liberista. Basta un vicepresidente che propone qualche taglio ad una spesa pubblica insostenibile, perché si levino grida di allarme.Riformare Medicare, dando buoni-sanità agli anziani (come propone Ryan) per i nostri commentatori equivale già ad essere un “predatore”. Perché non c’è alcuna fiducia nel libero mercato, solo nel governo. Dimenticando l’azione realmente predatoria dello Stato, con le sue tasse, le sue leggi arbitrarie, i suoi divieti, la sua imprevedibilità, si demonizza il potere economico e si invoca l’aiuto del potere politico. A questi signori, negli anni ’60, Ayn Rand già rispondeva: «Avete detto che non vedete alcuna differenza fra il potere economico e quello politico, fra il potere della moneta e quello dei fucili, nessuna differenza fra la ricompensa e la punizione, nessuna differenza fra il guadagno e il furto, nessuna differenza fra il piacere e il terrore, nessuna differenza fra la vita e la morte. Ora state iniziando a capire quale sia la differenza». 

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:21