Casini e un programma disastroso

Diagnosi condivisibile, terapia inesistente. Non è un pregiudizio politico a provocare questa valutazione sulla lunga intervista rilasciata al Messaggero dal leader dell’Udc, Pierferdinando Casini.

È, purtroppo (perché questo non è più tempo di elaborazione di diagnosi più o meno esatte ma di scelta delle terapie per far uscire il paese dalla crisi), una considerazione oggettiva. È sotto gli occhi di tutti che il bipolarismo bastardo della Seconda Repubblica (perché figlio di un compromesso tra maggioritario e proporzionale) sia fallito. E Casini ha perfettamente ragione nel rilevare che né l’esperienza di governo di Romano Prodi segnata dall’innaturale unione di tutte le sinistre, né quella di Silvio Berlusconi caratterizzata dall’alleanza tra un partito federalista-secessionista come la Lega ed un Pdl diviso tra statalisti e federalisti liberali, siano state capaci di assicurare al paese governi stabili ed efficaci.

Ma, preso atto che il bipolarismo non è servito allo scopo per cui era nato (garantire esecutivi espressione della volontà popolare e capaci di realizzare i propri programmi nell’arco di una intera legislatura), Casini non indica le cause politiche ed istituzionali del fallimento. Come se tutto fosse dipeso dai limiti personali di Prodi e Berlusconi. E, soprattutto, non riesce ad indicare al paese quale possa essere una strada capace di portare oltre il bipolarismo diverso dal semplice ritorno all’heri dicebamus della Prima Repubblica. Il primo a non credere che il ritorno al passato possa essere la soluzione adatta per il nostro paese è proprio Casini. Che propone di trasformare in Costituente la prossima legislatura e lascia addirittura intendere di poter addirittura arrivare nei prossimi cinque anni a sostenere una riforma di segno presidenzialista.

Ma quale credibilità può avere chi, dopo aver contribuito a far fallire il bipolarismo opponendosi sempre ed in ogni occasione ad ogni tentativo di evoluzione positiva del bipolarismo stesso, propone oggi di ritornare indietro di vent’anni per poi cercare di realizzare nei prossimi cinque ciò che si è sempre impedito nei due decenni precedenti? Se Casini proponesse almeno una qualche terapia economica per uscire dalla crisi, si potrebbe anche passare sopra il politicismo sterile ed astratto del leader dell’Udc. Ma Casini si guarda bene dall’indicare un percorso di questo tipo. Si limita a riproporre la terapia Monti ed a chiede iniziative in favore della famiglia e del lavoro dei giovani. Cioè non dice nulla. E non perché non sappia cosa dire, ma perché non può assolutamente dire ciò che vorrebbe. Cioè che il ritorno al proporzionale della Prima Repubblica comporta automaticamente il ritorno alle politiche fondate sull’aumento del debito pubblico. 

Quelle politiche che oggi sono impossibili da realizzare proprio perché il livello dei debito pubblico è arrivato al limite del tracollo dello stato e del paese. 

Casini, allora, nella sua diagnosi parziale (non riconosce le proprie responsabilità nel fallimento del bipolarismo) e nella sua incapacità di proporre una terapia credibile, rappresenta non solo il passato ma addirittura la parte peggiore del passato. Quella del trasformismo ispirato alla logica del “potere per il potere” e quello dell’ingovernabilità riproposta come sistema. 

Se qualcuno vuole avere una anticipazione sugli effetti della ricetta del leader dell’Udc sulla scena politica nazionale, non deve far altro che puntare gli occhi sul cosiddetto “laboratorio siciliano”. 

Con Casini si rischia che Roma diventi come Palermo. Tutti contro tutti. Sulla pelle della gente. 

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:08