Ma lo stakanovismo fiscale non aiuta

Dopo l’ennesima presa di posizione del premier Monti sull’evasione fiscale, sono partiti controlli a tappeto in molte località turistiche del Paese, rinverdendo i “fasti” del terrorismo tributario che quest’inverno hanno allietato il lavoro degli imprenditori di Cortina d’Ampezzo. Come se non bastasse, i notiziari nazionali hanno dato la notizia che l’Agenzia delle entrate siciliana ha inviato un questionario obbligatorio - la cui omissione comporterebbe una ammenda di 2.000 euro - alle persone che hanno contratto un matrimonio negli ultimi 5 anni. Ciò con lo scopo di scovare tra le pieghe delle varie spese sostenute sacche di evasione da colpire con la mannaia del fisco.

Stando così le cose, considerando che lo Stato controlla oramai il 55% della ricchezza nazionale (la quale comprende quasi un quinto di evasione stimata dall’Istat), l’impressione di vivere all’interno di un sempre più spietato regime di polizia tributaria si fa ogni giorno più forte. E se consideriamo che nella prima fase della rivoluzione bolscevica ai contadini veniva chiesto di consegnare metà del raccolto, fatte le debite differenze, sembra proprio che chi governa il sistema abbia deciso di seguire anche in Italia il modello della collettivizzazione forzata, attraverso lo spauracchio dei controlli e delle durissime sanzioni pecuniarie. Eppure, così come gli storici hanno ampiamente dimostrato, è stato proprio grazie al sommerso ed all’economia parallela che questo creava che l’Urss ha potuto vivacchiare per oltre 70 anni, compensando con l’ingegno e l’iniziativa individuale alle follie economiche della cosiddetta pianificazione democratica. Allo stesso modo, occorre dirlo con coraggio, anche in Italia il “nero” rappresenta da sempre una sorta di camera di compensazione per una economia altrimenti devastata da una spesa pubblica e da un conseguente prelievo assolutamente insostenibile per qualunque attività produttiva. Tant’è che da tempo molti avvertiti analisti, qualcuno anche di area progressista, sostengono che colpire a tappeto l’evasione, nell’ambito di un regime connotato da troppi balzelli e da aliquote proibitive, tenderebbe a prosciugare alla fonte la capacità del sistema di generare ricchezza, provocando un inesorabile tracollo nel gettito fiscale allargato. 

Eppure l’evidente disincentivo ai consumi ed alla attività economica in generale che si realizza con queste continue campagne contro l’untore/evasore, novello nemico del popolo da indentificare e da abbattere, sembra sfuggire ai cervelloni al comando dalla traballante tinozza italiana. Cervelloni che promettono crescita e sviluppo ma che, nel contempo, sembrano fare di tutto per terrorizzare chiunque abbia l’ardire di avventurarsi nelle sabbie mobili di una attività produttiva privata. Con tutto il rispetto, egregio professor Monti, non credo che con tali cedimenti alla sinistra demagogia tassaiola dello stakanovismo fiscale si possano stimolare le migliori risorse del Paese sul piano della ripresa. Ci vorrebbe ben altro. 

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:35